TI AMO IN TUTTE LE LINGUE DEL MONDO
 

- recensione -

 
Un film di cui non varrebbe neanche la pena di parlare ma che è esemplare della situazione della attuale cinematografia italiana. Questa, si dice, è in perenne crisi: pochi soldi a disposizione, pubblico scarso, mancanza di coraggio da parte di registi e produttori, stanca ripetizione di modelli e gusti televisivi. L'ultimo lavoro di Pieraccioni non migliora le cose. Una esile risaputa trama (ma forse è preferibile il termine "canovaccio") a completo servizio del regista / sceneggiatore / protagonista (trama che improvvisamente si complica nella seconda parte imitando senza fantasia i vecchi romanzi d'appendice), un susseguirsi (monotono e senza alcun ritmo) di sketch intercambiabili (se il secondo viene messo al quarto posto o il quinto al primo non cambia assolutamente nulla), gag viste e riviste  
 
(ma come si può impiegare quindici minuti di pellicola con la scenetta del protagonista che infilando una mano in un'ampolla di vetro rimane incastrato? quante volte si è vista? ma Leonardo è andato mai al cinema?), battute insipide e pericolosamente negative (che senso civico ha chi rappresenta come cosa divertente e simpatica il rifiutarsi di mettere la cintura in macchina?), personaggi inconsistenti e a volte  
semplicemente riempitivi, attori che si limitano a ripetere il ruolo televisivo per cui sono noti (fa eccezione Panariello che pur truccato ridicolmente come un novello Barbablù, conferma la sua capacità di essere un ottimo interprete. se qualcuno gliene desse la possibilità). "Ti amo in tutte le lingue del mondo" risulta una summa delle caratteristiche negative di gran parte del nostro cinema: da una parte l'assenza di una bella storia che coinvolga, di una solida sceneggiatura, di attori qualificati, di una messainscena dignitosa, dall'altra la presenza imperante della "sindrome delle due camere e cucina" (l'incapacità del cinema italiano ad andare oltre la piccola e ripetitiva storiellina, che è possibile raccontare senza scomodare tematiche di grande rilevanza ed esosi mezzi produttivi). Giustamente la critica più volte ha sottolineato come Leonardo Pieraccioni "continui a coccolare con le sue commedie acqua, sapone neutro e sciroppo il suo pubblico", ma questo ultimamente si è andato sempre più assottigliando e il comico toscano non sembra volere imparare la lezione. La televisione crea a getto continuo miti senza consistenza e uno sostituisce perennemente l'altro: per rimanere sulla breccia e non essere messi da canto occorre creare qualcosa di solido e consistente, non il raccontino esile esile a proprio uso e consumo.

p.s. Tre ultime considerazioni: 1) nei suoi film Pieraccioni evita di scritturare attrici affermate preferendo volti sconosciuti (un problema di soldi? paura del confronto? qui la scelta è particolarmente infelice: le due co-protagoniste hanno naturalmente un aspetto più che gradevole ma purtroppo ogni tanto devono aprire bocca e allora. ahinoi!); 2) si parla tanto di globalizzazione, ma il nostro cinema sembra non sapere cosa sia: a quale spettatore non italiano potrà interessare un film centrato esclusivamente sulla presenza di un ex divo televisivo (dalla parlata fluente ma completamente inespressivo)? 3) il nostro Ministro della Pubblica Istruzione dovrebbe indagare se nella scuola italiana i docenti sono come quelli descritti in questo film, se così fosse sarebbe forse il caso di dare le dimissioni.

(di Leo Pellegrini)

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