THE WEATHER MAN
 

recensione the weather man

 
Gore Verbinski dopo aver allestito maledizioni, quelle dei Pirati e della malvagia Samara di The Ring, si cimenta con la commedia agrodolce. Cage, capello cotonato e quell’espressione un po’ così, è l’uomo del meteo (per intenderci: come se in Italia decidessero di fare un film su Bernacca o Giuliacci a seconda della vostra anagrafe) celebrità catodica alla quale chiedere un autografo o ideale parafulmine per lanciare cibo, bibite e frullati. Pontifica, gigioneggia, e argomenta – “Io non sono il vuoto pneumatico, ho un piano”, “A chi tirano le torte? Ai pagliacci” - come un mediocre consapevole. Prova a tenere in piedi quel che resta della sua famiglia: un monumentale padre scrittore (Michael Caine) premiato col Pulitzer, una ex moglie che gli urla “coglione” appena può, un’adorabile figlia grassottella con problemi di abiti  
 
troppo attillati e un figlio con sbandamenti adolescenziali che finisce nelle grinfie di un laido psicologo (la parte più smaccatamente telefonata). Palpabile lo sforzo di tenersi lontani dalla prevedibilità e di voler mantenere un tono vago e disincantato a dispetto di certi facili trabocchetti. Alla scoperta della malattia mortale del genitore, la retorica dell’aggiustiamo tutto è bandita. Infila invece una bizzarria tutta america-  
na: il funerale da vivo. Nel luogo ove si suppone cadano parolone, arriva un provvidenziale black-out a troncare imbarazzanti discorsi commemorativi. L’uomo del meteo insegue la chimera del ricominciamo daccapo (quella del lunedì, del domani, del tentativo) e si affanna a fare centro: non ne azzeccherà una come spesso succede alle previsioni del tempo, rotolando verso la solitudine da fast food. Si ridacchia sornioni, ci si commuove quel tanto che basta per sentirsi empatici e poi s’infila l’uscita leggeri.

(di Daniela Losini)

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