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Per il suo esordio
al lungometraggio
la regista teatrale
Susan Stroman sceglie
un terreno a lei più
che congeniale: la
trasposizione cinematografica
del musical The Producers
da lei stessa messo
in scena a Broadway
cinque anni fa', che
si è aggiudicato
nientemeno che 12
Tony Award. In realtà
il punto di partenza
dal quale la regista
ha preso le mosse
nel 2001 è
la scoppiettante opera
prima di Mel Brooks
Per favore non toccate
le vecchiette, film
cult del 1968 che
- curiosità
- all'epoca riuscì
ad essere distribuito
solo grazie alle pressioni
di un lungimirante
Peter Sellers. È
la storia di un rocambolesco
tentativo di truffa
organizzato dal produttore
teatrale sul viale
del tramonto Max Bialystock
(Nathan Lane) e da
Leo Bloom (Mattew
Broderick), ragioniere
pavido e insicuro
che escogita accidentalmente
un modo per rendere
redditizio un flop.
Le vitti- |
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me
del
raggiro
saranno
decine
di vecchissime
signore
allupate,
disposte
a staccare
cospicui
assegni
in cambio
di una
"strapazzata"
dal
loro
Bialy,
gerontofilo
per
necessità.
Lo script
scelto
sarà
una
'candida'
esaltazione
del
fürer
(di
qui
l'irriverente
sottotitolo),
che
dovrà
essere
portato
sul
palcoscenico
dal
regista
più
frivolo
e pacchiano
in circolazione
(uno
straordinario
Gary
Beach
in versione
checca
isterica).
Neanche
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dirlo, lo
spettacolo
diventerà
talmente poco
plausibile
da prendere
le forme di
una farsesca
parodia gay
del nazismo,
in grado di
strappare
una risata
anche al più
politicamente
corretto degli
spettatori.
Difficile
non farsi
catturare
dalla comicità
volutamente
e coerentemente
grossolana,
dal ritmo
che non ti
molla un attimo,
dai riuscitissimi
temi musicali
by Mel Brooks,
nonché
dalle stralunate
coreografie,
che la macchina
da presa riesce
ad esaltare
in virtù
di una rara
fantasia visiva.
I momenti
in cui, invece,
le potenzialità
del linguaggio
filmico sono
state sottoutilizzate
sembrano essere
le sequenze
non cantate,
in particolare
quelle ambientate
nell'ufficio
di Bialystock,
nelle quali
l'impianto
teatrale si
avverte veramente
troppo, tanto
che il fuori
campo è
non di rado
sostituito
da uscite
e nascondigli
improvvisati.
Efficacissimi
però
gli attori
- d'altronde
molti sono
gli stessi
pluripremiati
interpreti
della fortunata
pièce
- sebbene
Broderick
non sempre
riesca a reggere
primi piani
del tutto
credibili.
Il bilancio
complessivo
è quello
di un film
musicale (tratto
da una commedia
teatrale tratta
da un film
musicale che
parla di una
commedia teatrale:
da mettersi
le mani nei
capelli o
da piegarsi
in due dalle
risate, a
scelta) che,
seppur con
alcune riserve,
colpisce nel
segno. Diverte,
dileggia,
appassiona
e contraddice.
Valga per
tutti una
chicca: in
un momento
intenso, nella
parte conclusiva
della pellicola,
in cui i due
protagonisti
pontificano
sulla loro
amicizia,
Max dice a
Leo che non
si era mai
accorto che
cantasse così
bene. Se questa
non è
un po' di
sana, spassosissima
e metacinematografica
autoironia…!
(di Marco
Santello)
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