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recensione the
constant gardener
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Ah, ma allora è
un vizio! Dopo “Syriana”
anche “The Constant
Gardener” a
rigirare il coltello
nella piaga per svelare
i misfatti compiuti
dai governi occidentali
in giro per il mondo,
celati dietro cortine
fumogene che, come
specchietti per le
allodole, mentre con
la mano destra fingono
di dare, con la sinistra
già hanno tolto.
Cambia il contesto,
dal medio oriente
all’Africa nera,
altra zona calda,
zona ancor più
drammatica e tormentata
della precedente se
possibile, avvolta
com’è
in un inspiegabile
alone di mistero,
tanto appositamente
dimenticata dagli
organi d’informazione,
dalle luci delle telecamere,
dagli onori e disonori
delle cronache. Del
resto se in Irak i
tg nostrani fanno
a gara per annunciare
per primi lo sgancio
della prima bomba,
rinfacciandosi poi
per mesi il primato,
in Africa genocidi
di intere popolazioni
pas- |
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sano
praticamente
sotto
silenzio.
Cambiano
anche
gli
attori,
dalle
multinazionali
petrolifere
alle
aziende
farmaceutiche
sulle
cui
malefatte
anche
il prode
Michael
Moore
sta
costruendo
il suo
nuovo
film-documentario.
Non
cambia
però
lo scenario
tristemente
prevedibile
fatto
di abusi,
ingiustizie
e soprusi,
mancanza
di etica
e di
controlli,
sfruttamento
della
povertà
e dell’ignoranza
da parte
di sciacalli
con
la faccia
di |
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santi col
fine di aggiungere
profitto a
profitto.
A combattere,
sola contro
tutti, Tessa
Quayle, giovane
attivista,
moglie di
un diplomatico
inglese, alla
disperata
ricerca di
un po’
di coscienza
nell’Europa
pseudo-civilizzata.
Quando viene
trovata morta
in circostanze
poco chiare,
toccherà
al mite marito,
il giardiniere
tenace del
titolo, farsi
largo tra
bugie e maldicenze
per scoprire
chi era davvero
sua moglie
e proseguire
il lavoro
da lei lasciato
forzatamente
incompiuto.
Dal romanzo
omonimo di
John Le Carrè,
il brasiliano
Fernando Meirelles,
già
regista del
celebrato
“City
of God”,
visita un
pezzo d’Africa
restituendoci
bellezze e
orrori del
continente
Nero con stile
volutamente
documentaristico.
Telecamera
a mano e fotografia
sgranata,
ai colori,
ai suoni,
alle facce,
alla natura
maestosa del
luogo, si
contrappongono
le cene di
beneficenza,
gli smocking,
i sorrisi
di circostanza,
i discorsi
retorici dei
funzionari
di governo
partecipi
e indifferenti
alle sofferenze
della popolazione
locale costretta
a morire per
fare da cavia
alle sperimentazioni
di quei medicinali
che devono
garantire
il benessere
e la ricchezza
del mondo
cosiddetto
industrializzato.
Thriller politico,
film di denuncia
e storia d’amore,
“The
Constant Gardener”
può
contare su
un intreccio
avvincente
che, grazie
ad un uso
sapiente del
montaggio
a-cronologico,
svela le proprie
carte lentamente,
sequenza dopo
sequenza,
al centro
del quale
si muove,
suo malgrado,
un ingenuo
Ralph Fiennes
alla volta
di una duplice
verità
(quella sul
mondo e quella
su sua moglie)
che si scoprirà
essere dolcissima
e tristissima.
(di Mirko
Nottoli)
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