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Un film che parla
di desiderio e paura,
vita e morte, identità
e sogno, percezione
e consapevolezza,
perdono e redenzione…
(troppa carne al fuoco!),
nato da una sceneggiatura
di David Benioff (all’attivo
lo splendido "La
venticinquesima ora",
al passivo l’orrendo
"Troy")
e diretto dallo svizzero
tedesco Marc Forster,
ormai famoso per il
linguaggio metaforico
e lirico delle sue
opere ("Stranger
than fiction",
"Monster‘
ball", "Neverland",
"Everything put
together"). Un
film dove continuamente
ci si dovrebbe chiedere
cosa sia vero e cosa
sia falso, un film
dal tono surreale
dove realtà
immaginazione illusione
si incontrano Un thriller
psichiatrico che può
vantare precedenti
illustri, dall’hitchcockiano
"Io ti salverò"
ai più recenti
"Mulholland Drive
" e "Il
sesto senso"
(per non parlare di
uno degli ultimi lavori
di Miche- |
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le
Placido,
"Ovunque
sei"),
ma che,
al contrario
degli
altri,
dà
un po’
l’impressione
di barare
con
lo spettatore
e di
non
soddisfarlo
pienamente.
Forster
nei
suoi
precedenti
film
ha mostrato
ottime
qualità
ma in
"Stay"
sembra
non
credere
molto
nella
storia
in sé
e quindi
infarcitura
(che
alla
fine
risulta
monotona)
di effetti
sonori
e soprattutto
visivi:
uso
fantasioso
del
montaggio,
succedersi
di immagini
senza
soluzione
di conti- |
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nuità,
utilizzo particolare
della luce,
deformazione
"da incubo"
degli ambienti,
interni anonimi
gelidi spigolosi
al massimo,
esterni estranei
ed ostili,
stessa scena
ripresa da
angolazioni
diverse…
tutto interessante
ma alla fine
ripetitivo.
Un’opera
che non coinvolge
né
emoziona:
si può
ammirare la
confezione
ma il contenuto
non convince,
non cattura
l’attenzione
dello spettatore.
Ewan McGregor,
nel ritratto
di un uomo
il cui contatto
con il mondo
della razionalità
vacilla, risulta
alla fine
monocorde,
probabilmente
per colpa
del personaggio
che interpreta;
Ryan Gosling,
che in "The
Believer"
(l’ebreo
combattuto
tra la fedeltà
alla religione
e la repulsione
per i suoi
seguaci) aveva
mostrato ottime
capacità
qui appare
troppo compiaciuto
di se stesso;
Naomi Watts
(a cui qualcuno
ha rimproverato
il sembrare
occupatissima
a scimmiottare
Nicole Kidman
persino nelle
acconciature)
ha un ruolo
ininfluente
e accessorio
e non si capisce
bene quindi
la sua presenza;
Bob Hoskins
è bravissimo
come al solito,
ma la sua
apparizione
è troppo
fugace.
p.s.
Da sottolineare
che il film
è stato
un flop al
botteghino
americano.
(di Leo
Pellegrini)
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