RED EYE
 

recensione red eye

 
Cos’è che ci fa più paura nel salire su un aeroplano, a parte il terrore delle vertigini ed il mal d’aria? Forse l’idea che accanto a noi si possa sedere una persona sgradevole o indesiderabile, o perfino uno psicopatico. E’ proprio su questo che si basa "Red eye", ultima fatica del maestro dell’horror Wes Craven, che vede protagonista Lisa Reisert (Rachel McAdams), responsabile di uno degli alberghi più rinomati e lussuosi degli Stati Uniti (il Lux Atlantic Hotel), la quale, alla notizia dell’improvvisa morte della nonna, si trova costretta a salire su un volo notturno per Miami. Il viaggio inquieta non poco Lisa, la quale ha paura di volare, ma a distrarla ci pensa Jackson Ripner (Cillian Murphy), affascinante giovane conosciuto nel bar dell’aeroporto. Ben presto, però, Jackson le rivelerà di essere tra gli orga-  
 
nizzatori di un attentato terroristico ai danni del vice segretario della sicurezza interna William Keefe (Jack Scalia), il quale alloggia proprio al Lux Atlantic Hotel. Se la ragazza non collaborerà, spostando William Keefe nella zona dell’albergo che si trova nel mirino degli attentatori, suo padre verrà ucciso, a casa, da un sicario che sarà puntualmente avvertito per telefono da Jackson. A prima vista, "Red eye" potrebbe  
presentarsi come il solito prodotto di tensione, ma l’esperienza di un veterano come Wes Craven, papà di Freddy Krueger, nonché regista della trilogia "Scream", riesce a far emergere un certo retrogusto ambiguo già durante la prima mezz’ora di visione, in cui l’incontro tra i due protagonisti non è poi così differente da quelli a cui ci hanno abituato le commedie rosa interpretate da Meg Ryan. Perfino il più insignificante dei dialoghi risulta funzionale nel generare tensione, facendone un onesto thriller che ben sfrutta i claustrofobici spazi a disposizione per costruirvi una storia che scava continuamente nell’ ambigua personalità dei protagonisti, Lisa inclusa. Certo, gli si potrebbero rimproverare un certo taglio televisivo ed alcuni momenti d’ironia involontaria che guastano l’atmosfera (soprattutto nella seconda parte), ma la suspense, ricreata sia dall’ottima regia che dai pungenti dialoghi della sceneggiatura di Carl Ellsworth (suoi alcuni script del serial Buffy-L’ammazzavampiri), è talmente ben calibrata che bisogna scomodare qualche confronto con l’irraggiungibile Hitchcock, complice un serrato montaggio curato dal duo Stuart Levy e Patrick Lussier (quest’ultimo presente nei film di Craven da Nightmare-Nuovo incubo in poi). Infine, nota di merito agli attori protagonisti Rachel McAdams (Due single a nozze), scoperta dal nostro Paolo Virzì con "My name is Tanino", e l’espressivamente antipatico Cillian Murphy (28 giorni dopo), perfettamente in parte.
(di Mirko Lomuscio)

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