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Una banda di malviventi
deve fare esplodere
una bomba in un ufficio
per distruggere dei
documenti scomodi.
In cambio, il capobanda
Mancini (Gianpaolo
Morelli) otterrà
dal mandante non un
compenso in denaro
ma la registrazione
effettuata dal sistema
di sorveglianza di
una banca, che lo
immortala durante
una rapina: si tratta
dunque di un do ut
des per non finire
in galera. Ma non
appena Mancini, travestito
da uomo delle pulizie,
sale in ascensore
per andare a piazzare
il dispositivo già
innescato, qualcuno
toglie la corrente
ed egli rimane bloccato
con due impiegati
che stavano per uscire:
il timido Meroni (Giuseppe
Soleri) e l’arrogante
femme fatale Violetta
(Elisabetta Rocchetti).
Inizia il conto alla
rovescia e la ricerca
frenetica di un aiuto
dall’esterno,
cercando di contattare
i complici Pittana
(Enrico Silvestrin)
e |
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Borgia
(Antonino
Iuorio)
rimasti
fuori
dall’edificio.
Ma qualcuno
sta
tramando
nell’ombra
per
boicottare
la missione.
I Manetti
Bros.
firmano
una
regia
di scarso
valore,
dove
le inquadrature,
il montaggio,
tutto
il racconto
sembra
un lungo
videoclip
addirittura
fastidioso
nel
suo
essere
artificioso
e patinato,
certo
non
aiutato
dai
colpi
di scena
prevedibili
e dai
dialoghi
improbabili.
La classica
situazione
degli
estranei
che
si trovano |
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costretti
a convivere
per un po’
di tempo in
uno spazio
senza via
d’uscita
è stata
sfruttata
innumerevoli
altre volte
nel cinema
e nella letteratura
con risultati
di gran lunga
più
interessanti.
Anche i personaggi
sono piatti,
scontati,
stereotipati
come in un
fotoromanzo:
la canaglia
che in fondo
ha il senso
dell’onore
(il tenebroso
Gianpaolo
Morelli);
la donnina
volgare e
di dubbia
moralità
che si è
sempre buttata
via per gli
uomini sbagliati
ma si può
“redimere”
(Elisabetta
Rocchetti,
semplicemente
imbarazzante);
il bravo ragazzo
timido e sfortunato
(Giuseppe
Soleri, monoespressivo).
Una spanna
sopra gli
altri sono
invece Borgia
e Pittana,
gli altri
membri della
banda; i dialoghi
tra i due
sono i più
riusciti e
in particolare
Enrico Silvestrin
riesce a dare
un’interpretazione
convincente
e azzeccata
del suo diabolico
personaggio.
(di Margherita
Sanjust
di Teulada)
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