PIANO 17
 

recensione piano 17

 
Una banda di malviventi deve fare esplodere una bomba in un ufficio per distruggere dei documenti scomodi. In cambio, il capobanda Mancini (Gianpaolo Morelli) otterrà dal mandante non un compenso in denaro ma la registrazione effettuata dal sistema di sorveglianza di una banca, che lo immortala durante una rapina: si tratta dunque di un do ut des per non finire in galera. Ma non appena Mancini, travestito da uomo delle pulizie, sale in ascensore per andare a piazzare il dispositivo già innescato, qualcuno toglie la corrente ed egli rimane bloccato con due impiegati che stavano per uscire: il timido Meroni (Giuseppe Soleri) e l’arrogante femme fatale Violetta (Elisabetta Rocchetti). Inizia il conto alla rovescia e la ricerca frenetica di un aiuto dall’esterno, cercando di contattare i complici Pittana (Enrico Silvestrin) e  
 
Borgia (Antonino Iuorio) rimasti fuori dall’edificio. Ma qualcuno sta tramando nell’ombra per boicottare la missione. I Manetti Bros. firmano una regia di scarso valore, dove le inquadrature, il montaggio, tutto il racconto sembra un lungo videoclip addirittura fastidioso nel suo essere artificioso e patinato, certo non aiutato dai colpi di scena prevedibili e dai dialoghi improbabili. La classica situazione degli estranei che si trovano  
costretti a convivere per un po’ di tempo in uno spazio senza via d’uscita è stata sfruttata innumerevoli altre volte nel cinema e nella letteratura con risultati di gran lunga più interessanti. Anche i personaggi sono piatti, scontati, stereotipati come in un fotoromanzo: la canaglia che in fondo ha il senso dell’onore (il tenebroso Gianpaolo Morelli); la donnina volgare e di dubbia moralità che si è sempre buttata via per gli uomini sbagliati ma si può “redimere” (Elisabetta Rocchetti, semplicemente imbarazzante); il bravo ragazzo timido e sfortunato (Giuseppe Soleri, monoespressivo). Una spanna sopra gli altri sono invece Borgia e Pittana, gli altri membri della banda; i dialoghi tra i due sono i più riusciti e in particolare Enrico Silvestrin riesce a dare un’interpretazione convincente e azzeccata del suo diabolico personaggio.

(di Margherita Sanjust di Teulada)

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