NANNY MCPHEE
 

recensione nanny mcphee

 
Mary Poppins, addio. I vostri genitori e i vostri nonni ogni Natale vi mettono davanti alla tv per mostrarvi Julia Andrews nelle vesti della severa ma adorabile governante- tata. Ora è Emma Thompson, grandissima attrice inglese, a cambiare le carte in tavola. Ancora magia. Ma qui non abbiamo alcuna borsa magica e senza fondo, ma un semplice bastone bitorzoluto, come il viso torturato della bella e affascinante attrice, “rovinata” da un naso gonfio e deforme, nei inguardabili e un dente orribile in vista. Una favola divertente e originale quella che ha scritto la grande Emma, qui anche sceneggiatrice. Già, perché se la morale e il lieto fine sono, più o meno, sempre i soliti, il sentiero percorso per arrivarci è inconsueto. Nessun buonismo per le sette pesti di Casa Brown, che hanno già fatto fuggire le migliori 17 tate del paese,  
 
pazientemente trovate dal padre, da poco vedovo, il sempre efficace Colin Firth, uomo goffo e perciò adorabile qui come lo è stato in Bridget Jones. Emma, anzi Nanny, arriverà e userà, per educare i fratelli che si sentono abbandonati, la loro stessa moneta, rendendoli vittime dei loro stessi atroci scherzi. Passerà loro la voglia di cuocere la più piccola, Baby Aggy o di condire le tartine con i vermi. Impareranno ad  
amare Nanny “che rimane finchè non la si vuole e se ne va quando tutti desiderano che resti”, angelo custode che farà tornare felicità, serenità e persino amore nella casa vittoriana più sconclusionata d’Inghilterra e la bellezza sul suo viso. Irriconoscibile ma bravissima Angela Lansbury, la famosa Signora in giallo, nella parte della perfida Zia Adelaide, bellissima e brava la dolce Kelly McDonald, cameriera cenerentola. Fin qui tutto bene, citando un bellissimo e profetico film francese. Se il divertimento è assicurato, infatti, soprattutto per i più piccini, qualche piccolo e sopportabile difetto c’è. La regia, strettamente tutelare alla sceneggiatura della Thompson, si mostra poco coraggiosa e troppo piana, e l’uso di tanti colori gotico- vittoriani non migliora molto quella che risulta come una macchina da presa un po’ troppo fredda. I bambini, che al cinema è vietato criticare, hanno il solo Thomas Sangster (Simon), già notevole nella parte del giovane Tristano, al di sopra della media. Un film gustoso e divertente, non stupido, ma abbastanza lontano dalla perfezione. Che forse, in questo caso, non è neanche poi tanto necessaria.

(di Boris Sollazzo)

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