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Quello che le parole
e la musica di Battiato,
spesso ostiche, riescono
a rendere evocativo
e affascinante non
accade alle immagini
filmate di cui il
medesimo qui, si sgrava.
Butta in faccia allo
spettatore assente
i temi che tanto gli
sono cari e irresistibili:
culture orientali,
filosofia, discipline
alternative (o new
age?) e ogni suggestione
possibile mutuata
dal proprio stipato
immaginario. Una coppia
di autori televisivi
prepara un documentario.
Intervistano alcuni
personaggi sui generis
sino all’incontro
con uno sciamano che
pratica la regressione.
Nella reincarnazione
dei panni del principe
che fu, la protagonista
(Sonia Bergamasco
vista ne “La
meglio gioventù”)
scopre di essersi
trovata a tu per tu
col grande compositore
Ludwig Van Beethoven
(il regista cileno
Jodoroski). Ciò
che vorrebbe essere
un |
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movimento
andante
per
celebrarne
la personalità,
la vita
e le
opere
è
uno
spartito
inascoltabile
(leggi
invedibile)
coperto
dalla
cenere
di una
“sceneggiatura”
che
sceglie
per
i dialoghi
impossibili
botta
e risposta
per
sofismi,
aforismi,
filosofismi.
Strani
personaggi
compaiono
e scompaiono
dall’ordito:
camerieri
nichilisti
con
massima
facile
incorporata,
astronomi
che
vagheggiano
di forze
occulte
del
vibrato
mentre
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la
pellicola
scorre come
estrapolata
per direttissima
dalla mente.
Bandito severamente
ogni filtro
della ragione
e ogni minima
cognizione
della santità
del CINEMA.
Cristallino
delirio in
chiusa: si
torna ai tempi
moderni avvertiti
del colpo
di stato ad
opera del
Partito Democratico
Mondiale.
I titoli di
coda poche
altre volte
furono così
graditi. Accozzaglia
indigeribile.
(di Daniela
Losini)
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