MUNICH
 

recensione munich

 
Il palcoscenico mondiale ottenuto con sangue e riflettori alle Olimpiadi del ’72 portò ad una nuova stagione del conflitto arabo-israeliano. La resistenza palestinese dimostrò di possedere cellule in grado di colpire all’ estero, forti di appoggi internazionalisti. Da lì in poi soprattutto l’ Europa, probabilmente anche per le sue responsabilità storiche, fu resa teatro di una guerra esportata. Dal canto suo, Israele per rappresaglia immediata effettuò bombardamenti ai suoi confini che causarono parecchie vittime arabe (60 a detta dei generali, 200 secondo l’OLP). Ma non bastava. Alla storica strategia dell’ esercito e delle colonie, il Mossad affiancò l’ Operazione Ira di Dio (quindi inserendo un connotato religioso - simile all’ invocazione di Allah da parte dei Fedayn - per quella che invece è una questione di terra). Consistente in esecuzioni mira-  
 
te extraterritoriali in incognito possibilmente con esplosioni, perché ora serviva una eclatante dimostrazione di forza. Allo scopo, mise insieme un gruppo con ingenti fondi segreti a disposizione, formato da 5 uomini qualunque (anche se militarmente preparati, poichè in Israele la leva dura 3 anni, con successive esercitazioni periodiche, e si può essere richiamati in servizio in qualunque momento).  
Una volta firmato un contratto che le rendeva inesistenti, assegnati loro 11 nomi da individuare e uccidere, azione dopo azione queste persone si trasformarono in una macchina assassina sempre più efficiente. Attivando una sorta di comunicazione in codice omicida con la controparte, che rispondeva indirettamente con azioni clamorose come stragi negli aeroporti e dirottamenti. Al termine di 7 mesi di attività, il bilancio fu di 6 obiettivi ed un rimpiazzo eliminati, 3 membri della squadra caduti, 2 milioni di dollari spesi. Steven Spielberg, 24 film alla regia, sorretto dalla sceneggiatura di Tony Kushner tratta dal libro “vengeance” di Gorge Jonas, cerca di mantenersi critico pur se attraverso gli occhi di un ebreo israeliano ex guardia del corpo politica. Tra paladini della stella di David guidati da un senso di giustizia o convinti che “l’ unico sangue che conta è quello ebreo”, e arabi che vogliono distruggere Israele o sperano che “il mondo vedrà che ci hanno trasformato in bestie; facciamo tanti figli, possiamo aspettare in eterno e rendere il mondo insicuro per gli ebrei”. Ma allarga il campo anche ad un panorama globale di Stati e organizzazioni che usano a mo’ di pedine dei sicari senza storia, identità e pure futuro (“il tempo e il caso raggiungono ogni uomo”). Un credibile Eric Bana, nel ruolo del capo della missione, passo passo prende coscienza che tutto è mosso dal denaro e in taluni frangenti un nemico può diventare alleato e viceversa. “Ognuno è capace di qualsiasi cosa”, nella macabra dinamica della caccia la vendetta diventa meccanica, chiunque partecipa prima o poi può essere preda. Di conseguenza si perde umanità e cresce la paranoia. Se non bastasse, nel prolungarsi dello scontro restano i più duri e gli uccisi vengono sostituiti da altri di ferocia maggiore, ragion per cui l’ occhio per occhio prosegue ogni volta con aumentata crudeltà. E allora, in crisi di certezze e chieste inutilmente ai superiori le prove di colpevolezza a carico dei condannati a morte senza processo, meglio farsi da parte. Il regista, dopo il brutto “la guerra dei mondi”, torna alla fredda tensione dei suoi anni ’70, a tratti (la scena dell’ esecuzione “fuori dall’ orario di lavoro”) impressionante. Più articolato e completo, forse il migliore Spielberg di sempre.


(di Federico Raponi)

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