ME AND YOU AND EVERYONE WE KNOW
 

- recensione -

 
Approda in Italia la pellicola vincitrice del premio speciale della Giuria all’ultimo festival di Sundance (rassegna di produzioni indipendenti patrocinata da Robert Redford) e del Camera d’Or al festival di Cannes. Scritta, diretta e interpretata da Miranda July (eclettica artista dai vivaci, attentissimi occhi da cerbiatta che ricordano l’espressione celeste di Emily Watson) racconta caratteri, gesti, legami e le mille vite celate dalla quotidianità che le persone sognano o vorrebbero vivere. Intreccia la propria esistenza con quella di un frastornato, bizzarro padre di famiglia. Abbandonato dalla moglie letteralmente dà fuoco alla propria solitudine e custodisce i propri figli: l’uno alle prese con le coetanee in piena fase orale e l’altro col mondo di internet in piena fase stupore. La trama si spande toccando la vicenda di due ragazzine  
 
che flirtano spudorate con un adulto (decisamente meno coraggioso di loro) che lascia sulla finestra di casa biglietti erotici e proposte sessuali e una gallerista altera, che scandaglia talenti ma sembra aver perso fiducia nella capacità di sorprendere della vita. Esistenze che si sfiorano in un negozio di scarpe variopinte o nello scambio di uno sguardo che in un batter di ciglia può cambiare il futuro. Il tutto respira e  
gronda amore per l’arte, che la protagonista trasforma in originali performance che mischiano musica, video e piccoli racconti immaginari. Esordio delicato, molto personale, colmo di momenti ispirati e amabili stranezze innervate d’acciaio e non di noioso egocentrismo. Strizza un occhio alla lezione minimalista ma passionale di Altman e l’altro al desiderio puro di lasciar spazio alle immagini, dipingendole di contenuti e suggestioni. Basta un pesce rosso in pericolo a creare empatia, basta una frase semplice come l’accontentarsi di scarpe scomode quando possiamo stare meglio, a creare comprensione. Non tutto fila liscio: qualche incertezza e qualche passaggio irrisolto (soprattutto nell’indecisione su come chiudere la sequenza finale) e alcune forzature lasciano in sospeso il ritmo ma le piccole, incisive pennellate sul quotidiano visto da un angolo inusuale, convincono.

(di Daniela Losini )

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