L'ULTIMA VACANZA
 

recensione l'ultima vacanza

 
La storia (tratta dal film del 1950 "Last holiday" con Alec Guinness, inedito in Italia) avrebbe tutti i numeri per commuovere e divertire nello stesso tempo, ma la sceneggiatura è di una banalità estrema e la regia sembra incapace di far recitare correttamente gli attori e di tirar fuori qualsiasi forma di umorismo dai personaggi e dalle situazioni. Sprecata l’occasione di accennare, sia pur minimamente, a temi importanti come la preziosità della vita e l’imprevedibilità del destino. Ci si perde in scene ripetute e risapute, senza brio né ritmo e con l’aggravante che il tutto sa di visto già centinaia di volte ma a livello nettamente superiore. Il film poggia tutto sulle spalle di Queen Latifah. All’inizio dovrebbe apparire sicura e rilassata solo in cucina, goffa e timida al di fuori del suo rifugio. Dovrebbe poi essere una donna scate-  
 
nata che non ha paura di correre pericoli, affrontare spericolate sfide e tutto quanto la vita offre quando ogni timore è abbandonato. Ma la Latifah appare monocorde e statica al massimo, ingessata, quasi fuori parte: il pensiero va immediatamente alle scintille che avrebbe fatto Whoopi Goldberg in questo ruolo. Un fisico come il suo richiederebbe poi un minimo di ironia (farla agire come come "femme fatal" è verame-  
nte ridicolo e aumenta a dismisura l’improbabilità di tutta la vicenda). Senz’altro migliori gli altri interpreti: LL Cool J è abbastanza convincente in un ruolo per lui insolito, molto brava Alicia Witt. Di Gerard Depardieu non si capisce bene la presenza e il perché del suo inserimento nella narrazione: una parentesi nella vicenda raccontata, piacevole in se stessa ma del tutto gratuita. Dispiace che a dirigere questa pessima commedia (sbagliata anche nelle inquadrature) sia una figura chiave nel panorama del cinema indipendente: Wayne Wang (a cui si deve quel piccolo gioiello che fu "Smoke"). Pollice verso anche per il costumista: i vestiti ideati per Queen Latifah, non più umile impiegata ma donna del gran mondo, invece di essere eleganti ricchi raffinati (come pretenderebbe la storia) sono la classica "americanata" di cattivo gusto. Da lodare invece la colonna sonora (ma poco sfruttata). Tra l’altro possiamo sentire due bellissimi "traditional song" cantati dalla Latifah e una azzeccatissima nuova versione di "I feel pretty" (una delle famosissime canzoni di "West side story") ad opera della brava Nellie McKay.

(di Leo Pellegrini)

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