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recensione la
meglio gioventù
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Finalmente una pellicola
italiana che ha il
coraggio di rivendicare
nuovamente per il
cinema un respiro
storico e civile.
Prodotto dalla RAI,
che ne aveva bloccato
la messa in onda prima
che fosse accettato
(e premiato) al Festival
di Cannes 2003, cosa
che ha spinto la TV
di stato a cercare
un'uscita cinematografica
dividendo l'opera
in due 'atti', "La
meglio gioventù"
(che è il titolo
di un libro di Pasolini,
a sua volta mutuato
da una canzone degli
alpini) è un
film imponente, molto
costruito e se vogliamo
coraggioso. 'Coraggioso'
perché è
un'impresa non da
poco voler raccontare
i mali del Belpaese
della seconda metà
del Novecento, dall'inondazione
di Firenze a Tangentopoli
passando per gli anni
di piombo. 'Costruito'
perché è
chiaro l'intento di
sfruttare certi eventi
di cronaca per arrivare
con maggior facilità |
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al
cuore
dello
spettatore
(è
facile
emozionare
il pubblico
mostrando
i funerali
di Giovanni
Falcone).
'Imponente'
perché
nella
sua
interezza
- il
modo
in cui
è
stato
presentato
alla
stampa
italiana
e al
pubblico
della
Croisette
- il
film
dura
poco
più
di 6
ore.
Alla
sostanziale
piattezza
emotiva
della
prima
parte,
in cui
la storia
procede
un po'
a strappi
e in
maniera
un po'
troppo
improbabile.
La seconda
parte
sembra
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l'esatto contrario
della prima,
invece: intesa
di momenti
decisamente
emozionante
(soprattutto
grazie ai
bravissimi
attori) ma
qualche esagerazione
e imperfezioni
tecniche a
iosa. Il film
vede protagonisti,
Nicola e Matteo,
fratelli affini
ma diversi,
hanno vent'anni
nel 1966.
Ancora incerti
sulla strada
da prendere
nella vita,
hanno deciso
di passare
le vacanze
estive insieme,
in viaggio
con due comuni
amici verso
Capo Nord.
Matteo però
conosce la
paziente di
una clinica
psichiatrica,
Giorgia, e
quando si
rende conto
che i medici
la sottopongono
all'elettroshock
decide di
'rapirla'.
Insieme a
Nicola, i
tre partono
alla ricerca
della famiglia
della ragazza.
Il viaggio,
intenso e
turbolento,
segnerà
profondamente
la vita di
entrambi:
Nicola decide
di diventare
psichiatra
ma si prende
un periodo
sabbatico
in Norvegia,
Matteo invece
lascia l'università
e si arruola
in Polizia.
Tra incontri
imprevisti
e nuove separazioni,
Nicola e Matteo
attraversano
trent'anni
di Storia
d'Italia osservandola
e vivendola
da due punti
di vista diversi,
spesso opposti.
Riallacciandosi
idealmente
al grande
cinema italiano
d’autore,
il film di
Marco Tullio
Giordana fa
riscoprire
quanto può
essere avvincente
e commovente
il racconto
civile. Ma
La Meglio
Gioventù
è anche
per larghi
tratti grande
cinema. Fino
all’ultima
ora si resta
quasi avvinti
dalla precisione
della messa
in scena,
dalla cura
maniacale
del dettaglio,
dai dialoghi
mai banali,
da una regia
inappuntabile,
sia quando
dirige gli
attori sia
quando ricorda
in più
sul racconto
e non per
esaltare l’incarnato
della valletta
prestata al
cinema di
turno, che
qui non c’è.
In compenso
c’è
un ottimo
cast gli attori
tutti decisamente
in parte in
cui spiccano
oltre all’ormai
collaudato
Nicola- Luigi
Lo Cascio,
la piacevole
sorpresa di
Matteo-Alessio
Boni e una
straordinaria
Maestrina-Adriana
Asti, protagonista
di un meraviglioso
momento di
cinema in
una scena
in un’aula
scolastica
nella seconda
parte del
film. Peccato
che a Giordana
è mancato
lo sprint
finale, infatti
dopo 5 ore
di gran bel
cinema, La
Meglio Gioventù
si allinea
al tono scontato
e senza mordente
della solita
fiction televisiva
all’italiana.
Malgrado questa
nota stonata
il film ha
ricevuto ammirazione
e apprezzamenti
da oltre Oceano,
tali da essere
incoranato
il 24 dicembre
dal New York
Times come
miglior film
del 2005.
(di Stefania
Coco)
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