JOYEUX NOEL
 

recensione joyeux noel

 
Niente di nuovo sul fronte occidentale. O forse, questa volta, sì: in occasione del Natale 1914, nelle trincee lungo il velenoso confine franco-tedesco, si depongono le mitraglie e si sollevano i bicchieri, per libare e cantare tutti insieme - tedeschi, francesi e britannici - in una sorta di redenzione dickensiana di massa. L’uccisore dei tuoi compagni diventa gioioso commensale e l’ufficiale che vuole invadere la tua città è l’amico con cui ritrovarsi quando la guerra sarà finita, per bere un tè. Favoletta evangelica su sfondo arcobaleno? No, è quanto accadde veramente nel dicembre di 91 anni fa, anche se nessuno ce lo ha mai raccontato. Rattoppa la falla Christian Carion, nato e cresciuto in quella Francia settentrionale che fu l’occhio del ciclone della Grande Guerra, la faglia lungo la quale stridevano gli eserciti di coscritti, nella  
 
più sanguinosa delle guerre di fanteria. La sua opera è, innanzitutto, meritevole dal punto di vista storico: Carion, infatti, riporta alla luce - con notevole rigore storiografico - un evento assai significativo, almeno dal punto di vista simbolico, eppure sempre tenuto sotto la sabbia, come ogni altro episodio di fraternizzazione col nemico, dalle varie burocrazie militari. Ma “Joyeux Noel” è anche, soprattutto, un ottimo film di per sè.  
Con soggetti di questo genere, si sa, il rischio più grosso è quello di scivolare nello stucchevole, ma Carion se ne tiene ben lontano (anche se qualche sequenza dei festeggiamenti è, forse, eccessivamente melò). La musica ha una posizione centrale nelle due scene più commoventi del film: quella in cui, nelle varie trincee, si comincia spontaneamente a cantare un’unica canzone; e quella in cui la divisione tedesca, rinchiusa in un convoglio truppe e spedita a morire sul fronte russo, prende a mormorare sommessamente il canto popolare britannico che avevano sentito dagli scozzesi. I numerosi personaggi, di diversa nazionalità ma di comune sentire, sono ben definiti, anche se non esiste un autentico protagonista: o meglio, vi è un protagonista globale (l’uomo di fronte alla guerra), presente, con volto differente, in ogni carattere. Tutti scopriranno che il solco che li divide dal nemico nella trincea di fronte è assai meno profondo di quello che si frappone tra loro e gli alti comandi, per i quali la guerra resta una realtà da salotto. Ma attorno all’oasi impossibile creata da queste poche decine di uomini, continua a ruggire la guerra senza senno, che Carion, con una buona dose di humour nero, non ci permette di dimenticare. Due episodi su tutti: il vescovo inglese che rimprovera duramente il prete per aver recitato la messa di Natale in presenza del nemico (naturalmente, definito “satanico”) e riprogramma i soldati all’odio per il Tedesco; e il gatto che, mandato dai tedeschi alla trincea francese con un messaggio di saluto al collare, viene catturato dal comando francese e processato per spionaggio.

(di Paolo Cola)

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