a
mio agio con
le sottigliezze
di Jean-Paul
Sartre e Samuel
Beckett che
con le certezze
di John Wayne")
a me questo
film è
sembrato una
metafora (ottimamente
realizzata
dal punto
di vista tecnico)
sulla futilità
della guerra
in generale
e sull'assurdità
della mentalità
militare.
Certo, "Jarhead"
non è
"Fahrenheit
9/11"
e Mendes non
è Michael
Moore, ma
l'opera a
cui assistiamo
(e a cui si
può
forse rimproverare
l'eccessiva
lunghezza)
è efficacissima
nell'analizzare
il machismo
tutto muscoli
della cultura
dei marine,
la solitudine
esistenziale
di chi combatte,
i costi fisici
e psicologici
di chi è
al fronte:
giovani che
si arruolano
soprattutto
per avere
un ruolo nella
vita, rissosi,
arrapati,
sporchi, nervosi,
aggressivi,
solitari,
a volte degenerati,
eccitati ma
al contempo
terrorizzati,
addestrati
ad uccidere
ma sempre
pronti a disprezzare
le alte sfere
il cui atteggiamento
ricorda spesso
gli imbonitori
da luna park.
Attraverso
lo sguardo
del protagonista
che diventa
adulto in
una situazione
di caos totale
(feroce critica
al presunto
efficientismo
-tanto strombazzato-
dei marines)
un terribile
affresco su
chi vive il
conflitto
tra voglia
di sangue
e angoscia
esistenziale
(il film è
ispirato al
libro autobiografico
di Anthony
Swoffonrd
che racconta
la sua esperienza
nel primo
conflitto
mediorientale
in Arabia
Saudita).
Un film intenso,
dai sottili
intrecci psicologici
e che evidenzia
al meglio
gli orrori
e gli errori
di ogni tipo
di violenza.
Visivamente
bellissimo
(come tutti
i film di
Sam Mendes)
contiene varie
scene da antologia.
Da ricordarne
due in particolare
(veri e propri
capolavori):
la presentazione
della famiglia
del protagonista,
la visione
da parte dei
soldati di
"Apocalypse
Now".
Ottimi gli
interpreti,
e tutti illustri:
da Jake Gyllehnaal
a Peter Sarsgaard,
da Chris Cooper
a Jamie Foxx.
p.s. Nel film
vi è
un personaggio
che non ha
molto rilievo
ma che, a
mio parere,
esprime quello
che pensa
il regista:
un soldato
controcorrente
che insinua
il dubbio
nella mente
dei suoi compagni
spingendoli
a interrogarsi
sulla politica
che ha portato
allo scoppio
della guerra
e a chiedersi
il perché
della loro
presenza al
fronte.
(di Leo
Pellegrini)