THE INTERPRETER
 

recensione the interpreter

 
Sidney Pollack ha una filmografia di tutto rispetto alle sue spalle: basti pensare a "Non si uccidono così anche i cavalli?", "Come eravamo", "Tootsie", "La mia Africa" tanto per citarne alcuni, uno diversissimo dall’altro ma tutti grandi successi e lavori ben al di sopra della media (uno dei pochi ad essere sempre riuscito nella difficile impresa di coniugare le esigenze del box office con l'impegno e l'eleganza, come sottolineano tutti i critici). Dopo sei anni, Pollack ritorna alla regia e il suo non è un puro e semplice thriller (anche se sotto questo aspetto funziona e come). Già maestro del cinema di spionaggio fin dai tempi dei "Tre giorni del Condor" con Robert Redford, il regista realizza un’opera le cui ambizioni vanno aldilà del piacevole e intelligente intrattenimento. Lo spunto iniziale si è visto già tante volte al cinema:  
 
un'interprete ode per sbaglio un frammento di conversazione in cui si prospetta l'omicidio di un capo di Stato. Ma ecco che lo sviluppo è meno banale di quanto si possa prevedere. E’ una sensibile accurata e profonda analisi della sofferenza di due esseri umani totalmente diversi che solo mediante il dialogo potranno sperare di risolvere, almeno in parte, i loro problemi: e la cosa diventa metafora della necessità di comuni-  
care che hanno i diversi popoli, unico mezzo per superare le tante barriere che li dividono e che troppo spesso sfociano in rovinose guerre (la Kidman ha dichiarato in una intervista, ed è la chiave interpretativa del film, " Credo che le parole abbiano ancora un grande potere e che si possano risolvere tante cose parlando") . Un ottimismo, non gratuito ma coerente, investe il messaggio che il regista vuole inviare, aiutato in questo dalla perfetta caratterizzazione dei personaggi principali e dall’evidente totale coinvolgimento di due mostri del professionismo come Nicole Kidman e Sean Penn, uno più bravo dell’altro. Intenso e coinvolgente, campione al box office statunitense, il film è sostenuto da una scrittura registica di ammirevole vigore rigore e asciuttezza, si impreziosisce di temi attualissimi (e Pollack è maestro nel mescolare sapientemente le vicende personali dei due protagonisti con le implicazioni che fanno da colonna portante ad un complicato intreccio politico), le scene di sicuro impatto emotivo sono molte, il grado di tensione è giusto, il ritmo veramente buono, la fotografia ottima. Da sottolineare che il film presenta qualità che non abbondano, in genere, nei thriller: le psicologie sono approfondite, i comportamenti motivati, il ritratto dei rapporti umani non è superficiale. Scrive IMDb: "This is Pollack's best work in decades, and he instills the picture with a perfect recipe of suspense, pathos, and political deception… don't miss this rare opportunity to see a magnificent thriller again on the big screen" e il Chicago Sun-Times: "Sydney Pollack's "The Interpreter" is a taut and intelligent thriller".

p.s. Per il suo "Intrigo internazionale", Hitchcock non era riuscito a farsi aprire le porte del Palazzo di vetro e invece Pollack ha ricevuto le chiavi di casa da Kofi Hannan in persona, il quale ha dichiarato: "Abbiamo esaminato attentamente la sceneggiatura per vedere che non ci imbarazzasse o creasse momenti strani; infine abbiamo deciso che era nel nostro interesse cooperare. E’ una storia di pace… e pensiamo che questo aiuti il nostro lavoro di ogni giorno, oltre a spargere un messaggio a un vasto pubblico in un modo che diversamente non avremmo mai potuto fare".

(di Leo Pellegrini)

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