INDIAN - LA GRANDE SFIDA
 

recensione indian la grande sfida

 
Nuova Zelanda, anni ’60: Burt Munro vive nella minuscola Invercargill. Passa le giornate a mettere a punto la motocicletta Indian Twin Scout, vero pezzo museo del 1920. I vicini lo considerano bizzarro e innocuo con la sua mania delle moto, ma Burt non smette mai di sognare il momento in cui riuscirà ad andar negli Stati Uniti, a Bonneville, dove si svolge la gara di velocità. Risparmia per anni per potere affrontare il viaggio. Finalmente parte e inizia il compimento del sogno inseguito per tutta la vita, ma il cammino è irto di imprevisti e difficoltà, perché Burt vuole tentare un’impresa problematica per chiunque, ma in particolar modo per un uomo di 70 anni… Il film, scritto e diretto da Roger Donaldson, racconta con commossa partecipazione una vicenda straordinaria realmente accaduta. Hopkins è come sempre ma-  
 
gistrale nell’incarnare il suo stravagante personaggio: ritrae un uomo semplice, con le sue certezze fatte di proverbi e di buon senso quotidiano, ma riesce a far trasparire la determinazione, la tenacia, e anche la dolcezza di carattere di quello che è stato un vero genio del motore. Munro è vecchio, malato di arteriosclerosi (che nasconde, per partecipare alla gara), acciaccato, si muove con lentezza, ma  
lo sguardo limpido svela l’incredibile energia e l’entusiasmo di un ragazzino. Così questo signore anziano che potrebbe (e per molti, dovrebbe) starsene seduto in giardino a leggere o a guardar tramonti dalla finestra delal sua casetta, brucia di un fuoco inestinguibile da anni, e si lascia bruciare, e sogna come un ventenne, e va in moto come un ventenne, e combatte ogni giorno contro l’età, i malanni, e soprattutto la derisione e l’incredulità di amici ed estranei. A parte qualche lentezza nella fase iniziale, dopo un po’ il film decolla e regala un finale entusiasmante in cui lo spettatore si sente inesorabilmente trascinato a fare il tifo per l’eroe su due ruote. Il regista riesce a far comprendere fino in fondo Munro, uomo davvero fuori dal comune, che non si scandalizza dei vari personaggi fuori dalle righe che lo aiutano (il travestito della reception del motel, che tratta da vero gentleman; il vecchio indiano; la vecchia signora che vive isolata) ma anzi dispensa uno sguardo amorevole e un sincero interesse nei confronti di quell’umanità borderline e scalcagnata, ma piena di cuore. Un uomo talmente incredibile e carismatico da riuscire a farsi amare e rispettare da tutti, persino dagli altri concorrenti e dai membri dello staff organizzativo di Bonneville, che faranno di tutto per aiutarlo. Il record di 305.89 km/h da lui stabilito nel 1967 è ancora imbattuto e lo ha fatto entrare nella leggenda.


(di Margherita Sanjust di Teulada)

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