IL GRANDE SILENZIO
 

recensione il grande silenzio

 
Apprezzamenti di pubblico (a Natale in Germania ha superato come media schermo per incassi l’ultimo “Harry Potter”) e di critica (Gran Premio della Giuria al Sundance Festival) per l’unicità di questo documentario. Tanto che sono previsti una versione più corta per la televisione, un libro di fotografie ed un CD con le funzioni cantate. Il cineasta Philip Groning, cresciuto a Dusseldorf e negli Stati Uniti, ha fatto numerosi viaggi in Sud America. Dopo gli studi di medicina, psicologia e la scuola del Munich film (HFF), ha sviluppato una passione per la sceneggiatura, per poi lavorare come capo attrezzista e assistente alla regia arrivando a realizzare corti, documentari e lungometraggi che hanno ottenuto diversi riconoscimenti nei festival. Intenzionato a firmare una pellicola in una Certosa, dopo 19 anni di attesa Groning ha avuto il permesso di  
 
effettuare le riprese anche se non tutti i frati erano d’accordo, perciò ha dovuto muoversi con accortezza ancora maggiore. Condizioni poste: niente troupe, luci artificiali, musica e commento. Per girare, registrare il suono e montare tutto da solo ha trascorso quasi sei mesi nella Grande Chartreuse, casa madre sulle Alpi francesi. Condividendo la vita di monastero aveva a disposizione due-tre ore al giorno per  
filmare, mettendo insieme alla fine 120 ore di girato. Considerati l’ordine più austero, i certosini (nel mondo, 19 conventi autosufficienti abitati da 370 monaci, visitatori non ammessi) hanno rigide regole. Povertà, letti di paglia, suggestive messe notturne al buio segnalate dalla tenue fiammella di un unico lumino rosso, e soprattutto quiete assoluta in “gioiosa solitudine davanti a Dio”. Con una finalità mistica, “ecco il silenzio: lasciare pronunciare al Signore dentro di noi una parola uguale a lui”. I soli suoni sono quelli religiosi delle preghiere, delle campane e dei canti gregoriani durante le funzioni. Intorno, i passi sui pavimenti in legno, le pagine sfogliate per le letture, dei grani del rosario tra le dita, e come unica testimonianza della civiltà esterna, gli aerei che sfrecciano in alto. I rituali quotidiani scandiscono lo scorrere delle nuvole, delle stelle, delle stagioni e contribuiscono alla contemplazione, in cui lo sguardo arriva a concentrarsi sulle gocce del ghiaccio che si scioglie o sul pulviscolo fluttuante nell’aria, illuminato dagli spiragli di luce nelle celle. E lungo le due ore e quaranta, l’iniziale curiosità rispettosa si fa presto condivisa trascendenza.


(di Federico Raponi)

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