HOSTEL
 

recensione hostel

 
Citato Tarantino che produce e benedice, citati agli effetti speciali nomi conosciuti e rispettati nel settore horror e affini (Gregory Nicotero su tutti, vedi gli zombie di Romero, vedi Sin City, Kill Bill e molto altro ancora) “Hostel” ricalca ironico la tipica trama degli adolescenti che si vogliono godere luoghi libertini – li irretirà la vecchia Europa vecchi e nuovi clichè inclusi – e invece incocciano nell’inferno in terra. I festaioli in cerca di distrazione e disponibili ragazze, finiscono puniti: saranno merce per cultori della malvagità, comprese perversioni del dolore e declinazioni varie del sadismo (ndr non si è lontani dalla realtà, esisterebbe un sito tailandese che promette vittime in cambio del mantenimento delle famiglie ridotte alla fame). Vedi una coppia di ragazzotti in viaggio, un terzo incontrato durante e subito pensi a come li macelleranno/de-  
 
pezzeranno/trucideranno gli assassini di turno. Sai che sono lì, in agguato da qualche parte: questa volta in una sorta di club segreto dove si promettono paradisi dei sensi e si finisce a fare esercizi pratici con l’enciclopedia dei mille modi per morire. Eli Roth dopo il decente “Cabin Fever” ha a disposizione mezzi pantagruelici per scioccare e se riesce a non esagerare e a convincere quando svicola dal deja-vu, si crogio-  
la compiaciuto nell’ultima mezz’ora allestendo un circo di sangue, amputazioni, supplizi e martirii di vario genere (mix tra “Non aprite quella porta” e le torture inflitte a Willis/Butch e Rhames/Marcellus in “Pulp Fiction”). Trasforma la violenza in un’allegoria grottesca che scrolla la paura lasciando il posto a un ghigno scettico. Si astengano stomaci deboli, menti impressionabili e coloro che si aspettano dal genere la folgorazione (e tal proposito si ripeschi la recente e splendida gemma sotterranea di “The Descent”).

(di Daniela Losini)

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