HARRY POTTER E IL CALICE DI FUOCO
 

recensione harry potter 4

 
Cos’è la vita senza draghi? Noia. Arriva a cercare di movimentarcela il quarto episodio della saga potteriana (per inciso l’omonimo libro è denso, avvincente e sapientemente corrotto dalle ombre della crescita e dall’incontro col Male) dove il maghetto Harry (Daniel Radcliffe occhi blu perennemente stupiti con qualche lampo di malizia) e i suoi cari amici Ron (Rupert Grint, adorabile brontolone) e Hermione (sbocciata, intensa e meritevole Emma Watson) sono alla prese con la goffaggine adolescenziale e i primi litigi. Mike Newell eccellente fabbricatore di commedie aggiunge il suo personale tocco arricchendo la parte del ballo natalizio e dei dialoghi, registri a lui congeniali nonostante qualche sbavatura. Più facile affrontare un drago che invitare una ragazza al ballo. Più facile trovarsi alle prese con battute e gustosi scambi di  
 
fioretto verbale che con le evoluzioni pindariche del fantasy, materia che maneggia timoroso tralasciando una coesione generale necessaria a una vera e propria compattezza di narrazione. L’avvio è spettacolare: le immagini dello stadio durante il campionato mondiale del Quidditich e la comparsa dei Mangiamorte che impartiscono maledizioni e terrori indicibili, suggeriscono bagliori che non sempre toccheranno le vette  
di delizia fantastica e fantasiosa rispettate dai predecessori. Il torneo Tremaghi (Hogwarts ospita la scuola bulgara di Durmstrang e la Beauxbatons francese) esige i suoi campioni: li sceglie inappellabile il calice di fuoco che sputa i nomi e Harry, suo malgrado e per mano traditrice, sarà anch’egli un prescelto. Finirà faccia a faccia con lo Spinato – scena a impatto quasi horror e mozzafiato -, palmato e branchiato nelle acque del lago nero attaccato da aggressive creature palustri e nel labirinto di se stesso (simbolo cinematografico per sempre legato a Kubrick) per aggiudicarsi la coppa del torneo. Per il mago ragazzino le campane del crepuscolo battono inesorabili il loro motivo di sgomento: la morte lo toccherà da vicino e per la prima volta incapperà in Voldemort e il suo scellerato splendore fisico. Il nonmorto più vivo che mai è un tetro lord munito di nere vesti fumose e dei perfidi occhi sfavillanti di Ralph Fiennes che infonde regale e capricciosa crudeltà a ogni movimento. I draghi della regia sputano scintille ondivaghe mancando spesso il bersaglio ma quando Malocchio Moody irrompe in scena con la sua orbita semovente dispensando agghiaccianti lezioni, gli afflati di fuoco draghesco inceneriscono incertezze e i malvagi danzano sulle braci di un potere nero mai assopito, si rintracciano brandelli di pura magia.

(di Daniela Losini )
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