Parliamo della più
grande sorpresa cinematografica
russa. Una sorpresa
che ha saputo colpire
e affondare le corazzate
multinazionali dell’immagine:
in Russia, infatti,
il film ha incassato
più de "Il
signore degli anelli"
e "Spider Man".
Autore di questo piccolo
miracolo un regista
dal nome impronunciabile,
Timur Bekmambetov.
15 milioni di euro
ha incassato, solo
in patria, questo
fantasy visionario
e politico. La regia
sapiente e furba regala
un ritmo frenetico
con tagli improvvisi
che fanno solo intuire
gli effetti speciali
che il budget imbarazzante,
1 milione e mezzo
di euro, non rende
impeccabili. Lui,
non a caso, è
un allievo del grande
maestro, per arte
e capacità
imprenditoriale, Roger
Corman. Il videoclipper
russo infatti si è
fatto le ossa con
quello stesso eccezionale
talent-scout che diede
la prima vera occasione
a chi ha
fatto
la storia
del
cinema
americano:
Coppola,
Demme,
Scorsese.
E molti
altri.
Quello
stesso
genio
che
su 300
film
prodotti,
è
riuscito
a guadagnarci
ben
280
volte.
Che
esportava
exploitation
e importava
autori
da Oscar
–
Fellini,
Truffaut,
Bergman,
tra
gli
altri.
Che
ha saputo
combattere
e vincere
i colossi
dell’avido
capitalismo
di cellulosa
grazie
alla
più
classica
delle
filosofie:
il massimo
risultato
(di
pubblico)
con
il
minimo
sforzo (produttivo).
Unico modo
per tirar
fuori il vero
talento. Timur,
kazako, ha
imparato subito
la lezione.
Corman, quasi
ottantenne,
ci ha regalato
un’altra
scoperta,
potenzialmente
devastante,
in tutti i
sensi. Già,
perché
"I guardiani
della notte"
non è
solo uno di
quei felici
e redditizi
matrimoni
tra pagina
scritta e
immagine in
movimento,
che, da Harry
Potter fino
a Batman,
ha più
o meno deliziato
gli spettatori
di tutto il
mondo. La
trilogia basata
sull’opera
dello “Stephen
King russo”
Sergey Lukyanenko
è anche
un evento
politico oltre
che un possibile
franchising
dalle potenzialità
economiche
ed artistiche
esponenziali.
La storia
è semplice.
Da sempre
Luce e Tenebra
si combattono.
Una battaglia
campale e
infinita li
spinge ad
un compromesso:
le forze della
Luce faranno
la guardia
al giorno,
quelle delle
Tenebre alla
notte. Tuttavia,
per esercitare
il male, i
vampiri, i
cattivi, devono
ottenere una
"licenza"
dalle forze
della Luce,
e sono sottoposti
a certe regole
che, se violate,
permettono
agli agenti
della Luce
di dare loro
la caccia
e distruggerli.
Buoni e cattivi,
trovata antica
quanto geniale,
sono divisioni
di comodo,
o quasi. Seppur
si tende,
infatti, a
parteggiare
per la Luce,
odiosi sono
i sistemi
che questi
usano per
combattere
e non ci si
può
trovare d’accordo
con chi, nell’opera,
afferma che
“siete
i buoni solo
perché
siete voi
a fare le
regole”.
Concetto semplice,
immediato,
importante.
E attuale.
Secondo una
profezia arriverà
un "Altro",
il prescelto,
che potrà
decidere se
militare nella
Luce o nelle
Tenebre e
risolvere
definitivamente
l’eterno
conflitto
rompendo ogni
equilibrio.
Un Matrix
moscovita?
Anche. Ma
non è
così
semplice.
Perché
qui è
evidente il
riferimento
sociopolitico.
I vampiri,
sanguisughe,
sono ben vestiti
e kitsch,
modaioli e
vanesi, esempi
lampanti della
nuova Russia.
Le Forze della
Luce, il cui
quartier generale
è (auto)ironicamente
posto all’interno
della società
elettrica,
sono schive
e problematiche,
sottotono
come molti
ex-comunisti.
Contraddizione
che il regista
ha vissuto
per primo
dentro se
stesso, bambino
in un mondo,
adulto in
un altro.
Questa è
la grande
forza del
film e il
suo maggior
punto debole.
Il perché
del suo successo
in patria
e delle sue
probabili
difficoltà
all’estero.
Film interessante,
ottima regia,
discrete interpretazioni,
montaggio
eccellente
e musica appropriata
e non banale.
Da vedere,
attendendo
il prossimo,
già
in cantiere.