|
|
|
|
|
|
Che fine ha fatto
Maradona? Sarà
mica il corpulento
re della TV-trash
argentina? O è
rimasto intrappolato
in qualche filmato
d’antan, a saltare
difensori britannici
all’infinito,
come nella versione
telematica di un girone
dantesco? Il mondo
del football è
alla ricerca disperata
della sua reliquia
più sacra e
non s’accorge
che un giovane regista
inglese, Danny Cannon,
ha già scovato
la sua reincarnazione
(artistica, s’intende):
Santiago Munez, ragazzotto
messicano di stanza
a Los Angeles, benedetto
da un talento calcistico
sopraffino, ma dalle
tasche desolate come
il campetto suburbano
in cui si allena.
Ci vorrebbe l’occhio
ammaestrato di un
osservatore professionista,
per indovinare il
potenziale di Santiago:
e infatti, nella babelica
Los Angeles, chi può
incappare nelle sue
prodezze? Glen Foy,
un ex talent scout
del Newcastle |
|
|
|
United,
naturalmente.
Il quale
convince
Santiago
a investire
tutti
i suoi
soldi
per
seguirlo
in Inghilterra
e fare
un provino
con
i bianconeri
di Shearer.
Contro
il parere
del
padre,
che
lo vorrebbe
nella
sua
modesta
impresa
di pulizie,
ma sollecitato
dalla
nonna,
Santiago
decide
di rincorrere
il suo
sogno
e parte
per
l’Inghilterra.
Qui,
Santy
dovrà
fronteggiare
una
difficoltà
dopo
l’altra:
un clima
impietosamente
diverso
da |
|
|
|
quello
californiano,
la durezza
del calcio
britannico,
un compagno
di squadra
geloso, un
coach che
lo sottovaluta
e altre amenità
del genere.
Ma con l’aiuto
del fedele
Glen, della
bella crocerossina
Roz - somigliante,
guarda caso,
a Victoria
Beckham -
e del bizzoso
ma simpatico
Gavin Harris
(scontato
prototipo
del calciatore
tutto donne,
donne, discoteca
e donne),
il nostro
american dreamer
riuscirà
a convincere
il burbero
allenatore
Erik Dornhelm
a dargli la
fiducia che
merita. Dornhelm
è così
persuaso da
schierarlo
titolare nella
partita decisiva
della stagione:
Santiago –
non l’avremmo
mai detto
– gioca
da fenomeno
e segna all’ultimo
secondo il
gol della
vittoria.
Finisce con
un urlo alla
Tardelli rivolto
verso il cielo:
da dove il
padre, morto
da pochi giorni
per un infarto,
lo stava senz’altro
guardando
(parole di
Glen, non
nostre). “GOAL!
Il Film”
è un
ibrido tra
Cenerentola,
Holly&Benji
e una puntata
di “Campioni
– Il
Sogno”,
al quale lo
si può
accostare
anche per
la sospetta
analogia grafica.
Qualunque
cosa sia,
l’abbiamo
già
visto decine
di volte.
Il soggetto
del film è
vecchio come
il cinema,
o forse più:
il ragazzo-prodigio
bravo ma povero,
che decide
di giocarsi
tutto per
realizzare
il suo sogno;
aritmetico
happy ending,
titoli di
coda, gente
che torna
a casa più
ottimista
di quel tizio
della pubblicità.
La frequenza
di casualità-poco-casuali
è inquietante:
tanto da far
sospettare
che il successo
di Santiago
sia dovuto
più
a qualche
buon ufficio
con la Vergine
da parte della
devota nonnina
che ai suoi
talenti. Numerosi
i camei calcistici:
da Eriksson
a Beckham,
da Raul (nei
titoli di
coda, apparso
col nome di
Raul Gonzales
Bravo...sigh)
a Zidane,
oltre che
gli stessi
calciatori
del Newcastle.
Ma non sono
sufficienti
– come
non è
sufficiente
la dinamica
regia di Cannon
– a
premiare il
film. Che
resta di una
faciloneria
senza limiti:
popolato da
personaggi
tagliati con
l’accetta,
non diverte
e non appassiona.
E lascia la
sgradevole
impressione
che il calcio
– quello
vero - sia
rimasto fuori
dalla porta.
(di Paolo
Cola )
|
-
Scrivi la tua
recensione! |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2005.
Tutti i diritti sono riservati.
|
|
|