FLIGHTPLAN
 

recensione flightplan

 
"Panic room" 2002, "Flightplan" 2005. Le due pellicole sono abbastanza simili, non solo perché le trame si assomigliano (una madre impavida che combatte per la vita con sua figlia può fare affidamento solo sul suo coraggio e sulla sua intelligenza) ma soprattutto perché ambedue hanno richiesto alla protagonista (la stessa in entrambi) di fare una parte "estremamente corporea" con un fisico da ginnasta e gran parte della tensione è dovuta –in tutti e due casi– allo svolgersi della vicenda in spazi particolarmente stretti, chiusi, claustrofobici. In questo film, l’accumulo di suspense è abbastanza buono nella prima ora, quando si affacciano molteplici ipotesi su quanto stia veramente accadendo e noi spettatori siamo coinvolti dal terrore e dal mistero della situazione. Quando le verità infine sono rivelate (nella seconda  
 
parte), "Flightplan" slitta nel consueto spettacolo tutto azione di cui gli Americani sono maestri (ma inevitabilmente ripetitivi e quindi il nostro interesse tende a scemare). Finché siamo nel campo delle idee, la tensione permane altissima; quando ci si trasferisce in quello dell'azione, le soluzioni narrative sono meno originali e non convincono del tutto (e lasciano un po’ di amaro in bocca per quello che aveva-  
mo visto fino a quel momento). Certo, il ritmo rimane sempre sostenuto ma Robert Schwentke (regista tedesco che abbiamo conosciuto nel 2002 con "Tatoo", film visivamente interessante e dalle atmosfere torbide e notturne) è meno abile del David Fincher di "Panic room", la sua sensibilità è meno sottile, l’uso della macchina da presa è meno ragguardevole. Da sottolineare poi che la sceneggiatura è piena di buchi, troppe domande non trovano risposta (e ad un thriller valido è una delle maggiori colpe che si possano imputare). Punto di forza è il cast. Tutti bravissimi e naturalmente campeggia Jodie Foster (lontano per molto tempo dallo schermo perché impegnata a dirigere Meryl Streep e Ewan McGregor nel suo "Flora Plum"). La Foster, come attrice, sembra ormai specializzarsi nell’impersonificare le insicurezze dell'inconscio collettivo americano (e non solo: chi non ha paura di perdere un bambino in mezzo alla folla, chi non ha il timore di trovarsi su un aeroplano quando c’è qualcosa che non va per il verso giusto?). Convincente al massimo, riesce a catturare l’attenzione dello spettatore fin dalle prime scene, a far sì che ci si immedesimi completamente in lei e nelle sue disavventure. Una delle migliori attrici della scena internazionale, in grado di rendere interessante, con la sua sola presenza, qualsiasi lavoro, anche il più banale.

(di Leo Pellegrini)

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