BROKEN FLOWERS
 

recensione broken flowers

 
Così è l’amore, se vi pare. Questo potrebbe essere il sottotitolo italiano del film. Jarmusch, come molti registi di grande talento e discretamente prolifici, è come il buon vino. Difficile ci sia una cattiva annata. Probabile che ve ne siano di discrete. Rare, ma non troppo, quelle eccezionali. Questo è "Broken Flowers", un buon vino che scende giù con piacere, non troppo impegnativo, con un retrogusto amaro, ma neanche eccessivamente. Fuor di metafora, l’eclettico regista dell’Ohio – rimarrà sempre un mistero il fatto che molti artisti, per caso o per contrappasso, vi nascano- impone il suo marchio di fabbrica, quella capacità di saper essere profondo conoscitore dell’animo umano e delle sue adorabili debolezze, filtrata da un’ironia piacevole e divertente. In questo caso, in questo racconto di un tardivo viaggio di formazione, diviso in  
 
tappe che saranno i vari, facili, episodi che costituiranno la non troppo originale struttura del film, si impegna, ma potrebbe dare di più. Un Don Giovanni in declino dal nome decisamente evocativo, Don Johnston, scopre di avere un figlio. Grazie anche al simpatico e adrenalinico vicino Winston, si sveglia dalla sua apatia atarassica per ripercorrere il suo passato, non sapendo, ovviamente, chi possa esserne la ma-  
dre. Riaprirà ferite, soprattutto altrui. Si riscoprirà più fragile. Perderà le sue pigre certezze per rincorrere qualcosa, forse, di irraggiungibile. Attraverso stereotipi e persino gustose banalità vediamo Bill Murray, sfinge stanca e spaesata, ripercorrere strade abbandonate, rincontrare donne diverse e particolari, raccogliere accoglienze sempre improbabili, spesso sofferte, in alcuni casi simpaticamente surreali. Ma mai indolori. Quest’opera, Gran Prix della Giuria all’ultimo Festival di Cannes – riconoscimento, francamente, fin troppo generoso – è senza alcun dubbio scritto con un’abile delicatezza, soprattutto nelle parti più umoristiche. E’ una penna innamorata della figura femminile, affascinante nella sua fragilità, spesso punto di forza. Arrabbiata, depressa, con una punta di disprezzo nei confronti di personaggi maschili, fatta eccezione per il vicino di colore del protagonista, l’ottimo Jeffrey Wright, tristemente squallidi. Donne tra cui spiccano una sempre più sensuale Sharon Stone, al cui aspetto e recitazione giovano tanto gli anni che passano, e una stralunata e sofferente Jessica Lange. Da notare le brevissime presenze di Tilda Swinton, irriconoscibile, e Chloe Sevigny. Quest’ultima è autrice di una breve comparsata, che assolve con la consueta professionalità. Viene citata solo perchè la sua classe e la sua bellezza, irregolare ma sensualissima, alberga da sempre i sogni di chi scrive (e qui un’inquadratura galeotta farà palpitare molti cuori, oltre all’ abbigliamento sbarazzino). Film, quindi, che merita comunque di essere visto ma sicuramente non di essere acriticamente acclamato come molti hanno fatto. Sebbene rimandi diretti e indiretti (che lasciamo ai lettori, per non tediarli) nella biografia e nelle azioni dei personaggi, rappresentano un elegante lamento contro l’incomunicabilità. Tra i sessi, tra le persone e, di fatto, in tutte le relazioni. Con le divertenti eccezioni dei due Winston.

(di Boris Sollazzo )

- Scrivi la tua recensione!
 
 
  Scheda Recensione Locandina  
 

Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2005. Tutti i diritti sono riservati.