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recensione basic
instinct 2
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Torna dopo quattrodici
anni di assenza dagli
schermi, ripensamenti,
cambi di regista e
attori protagonisti
nonchè contratti
ad hoc (si realizzasse
o meno la pellicola,
la Stone avrebbe ricevuto
ugualmente il suo
compenso), il personaggio
della sexy-intellettuale
mangiauomini Catherine
Tramell, la dark lady
degli anni novanta.
Dell’ordito
è sufficiente
sapere che alcuni
misteriosi omicidi
sono riconducibili
alla signora con l’accavallata
di gambe più
famosa del cinema
e che le fumose atmosfere
e i rivoli spersi
del racconto, indarbuglieranno
inutilmente la soluzione,
rimandando il nostro
interesse altrove.
Chi incontra o sfiora
lady Tramell, rischia
la vita mentre lei
rischia solo di annoiarsi.
E noi con lei quando
non appare, perché
va detto: quando la
signora Stone è
sullo schermo qualunque
stupidaggine dica
o faccia, |
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lo
fa sempre
con
adorabile
faccia
tosta.
Questa
volta
la mantide
getta
scompiglio
a Londra
ma le
va decisamente
peggio
in quanto
a comprimari:
intreccia
un perverso
gioco
al rimpiattino
verbale
con
lo psichiatra
–
le veci
dello
strapazzato
poliziotto
rude
Michael
Douglas
del
primo
episodio
sono
affidate
alla
british
star
tv,
David
Morissey,
scialbo
e ciondolante
inglesuccio
simil
Anthony
Perkins
- che
la dovrebbe
curare
dalla
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sua ipotetica
malattia,
la dipendenza
da rischio.
Finirà
lui ossessionato
e letteralmente
al laccio
della pericolosa
dominatrice.
A far da contorno
intese lesbo
con la moglie
di Tizio,
incontri erotici
con l’amico
di Caio e
strizzatine
d’occhio
a Sempronio.
Nemmeno Charlotte
Rampling è
risparmiata
dalle maglie
incantatrici.
Il sequel
traballa ovunque,
vorrebbe ricalcare
le atmosfere
kitch ma credibili
dell’originale
senza avere
né
coraggio né
autoironia.
Pura vetrina
laccata di
situazioni
che si vorrebbero
perverse e
attrattive
e invece sono
chiccherie
estetico-pruriginose
per pusillanimi.
Ve lo diamo
per certo:
è realmente
tagliuzzato
e ben poca
carne si vede.
Per contro
molto si nomina
il verbo “scopare”
che ricorre
praticamente
in ogni battuta.
La sufficienza
se la prende
perché,
è certificato,
all’amo
abboccheranno
in tanti.
(di Daniela
Losini)
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