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Ricordate gli universitari
fuori sede de "L’appartamento
spagnolo"? Bene,
sono tornati. E’
passato qualche anno,
non frequentano più
l’università,
si sono persi di vista
ma sono sempre loro.
L’occasione
per una rimpatriata
è il classico
matrimonio di uno
dei nostri, il quale
deve essere messo
proprio male se gli
unici invitati alle
nozze (parenti esclusi)
sono un gruppo di
amici, della sorella
per altro, conosciuti
anni prima per qualche
mese a Barcellona!
Ma tant’è.
Ritroviamo Xavier
che fa lo scrittore
ma non come sognava,
ritroviamo la sua
ex-fidanzata (Audrey
Tatou che con quegli
occhi è di
sicuro la parte migliore
del film) alle prese
con un figlio a carico,
ritroviamo le solite
questioni di cuore
che tanto fanno penare.
Trentenni, insicuri,
immaturi, con poca
voglia di crescere,
con in fondo nessun
problema degno di
que- |
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sto
nome.
A dire
il vero
nemmeno
"L’appartamento
spagnolo"
brillava
per
originalità,
non
sfruttando
in toto
il potenziale
della
semplice
ma esplosiva
idea
di base,
limite
però
riscattato
dalla
freschezza,
dal
tono
scanzonato
e da
un finale
incline
al romanticismo
retorico
ma d’effetto.
"Bambole
russe"
invece
gira
su se
stesso
e gira
spesso
a vuoto,
si ripete
e si
trascina
senza
che
nessuno
dei
protagonisti
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riesca ad
evolversi
dall’inizio
della pellicola:
tutti continuano
imperterriti
a commettere
gli stessi
errori e continuano
a piagnucolare
per gli errori
commessi.
Klapisch cerca
il tocco d’artista
nella mescolanza
di realtà
e invenzione
e in qualche
parentesi
trasgressiva,
rappresentativa
- in teoria
- dell’impulsività
giovanile.
Ma anche le
situazione
più
estreme (vedi
la corsa di
lui e di lei
nel cuore
della notte
completamente
nudi), circoscritte
in flashback
senza sviluppi,
non sfuggono
ad una fastidiosa
sensazione
di gratuità,
segnali di
una mancanza
di idee che
si palesa
quando risulta
chiaro che
le banalità
da soap opera
stigmatizzate
dal film sono
le banalità,
di segno diverso
ma nella sostanza
identiche,
che minano
il film alla
sua stessa
base: è
possibile
che ogni rapporto
tra un uomo
una donna
finisca immancabilmente
con i due
che vanno
a letto insieme,
indipendentemente
da chi sia
l’uomo
e la donna?
Che ad un
protagonista
tutto sommato
anonimo come
lo Xavier
interpretato
da Roman Duris
basti distribuire
bigliettini
con su scritto
il suo numero
di cellulare
per conquistare
praticamente
qualsiasi
esemplare
femminile
sulla piazza
che se lo
litiga come
fosse l’unica
pozza d’acqua
nel deserto?
Così
le dinamiche
di coppia
mentre l’unica
dinamica di
coppia capace
di catalizzare
l’attenzione
del pubblico
(quella tra
Xavier e la
sua ex), l’unica
tratteggiata
in maniera
più
particolareggiata,
delicata e
ricca di implicazioni,
viene lasciata
cadere al
pari di tutte
le altre.
Di fronte
a film come
questo la
domanda che
mi si pone
è sempre
la stessa:
personaggi
tanto complessi
da risultare
sfuggenti
oppure più
semplicemente
di una stupidità
sconcertante?
No, molto
meglio "l’Ultimo
bacio"
di Muccino.
(di Mirko
Nottoli)
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