ARRIVEDERCI AMORE, CIAO
 

recensione arrivederci amore ciao

 
Tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Carlotto e diretto dal regista Michele Soavi, "Arrivederci amore, ciao" è un film nero, cinico, che non lascia scampo a niente e a nessuno. Totalmente permeato di nichilismo e individualismo. Attraverso la storia di Giorgio (l’ex brigatista interpretato da Alessio Boni) è possibile rivivere un pezzo di storia italiana che parte dagli anni di piombo e arriva fino ai giorni nostri. La trasformazione valoriale del protagonista è infatti la stessa che ha accompagnato la nostra penisola, passata dalle utopie iper ideologizzate degli anni settanta a un presente fondato sull’apparenza e l’insensibilità. In questa ottica non sorprende che i poliziotti e i politici siano corrotti o che i criminali non finiscano in galera, semplicemente ci si adatta, fino a cristallizzarsi nella normalità. E Giorgio questo fa: si adatta. E lo fa con lucidità  
 
estrema, seppellendo, eliminando in toto eventuali scrupoli e sentimentalismi che non pagano nell’ottica della propria riabilitazione sociale. In questa ascesa, che lo porterà a diventare uno stimato cittadino e un onesto imprenditore, Giorgio non si vergogna di compiere i reati più feroci, senza battere ciglio, quasi fossero il pegno inevitabile da pagare per diventare una persona perbene. Una buona  
regia e delle discrete interpretazioni, che vedono tra i migliori Michele Placido e lo stesso Boni, riescono a rendere efficace una pellicola capace di angosciare lo spettatore fino all’ultima scena, con il dolce e contrastante sottofondo della voce di Caterina Caselli che intona "Insieme a te non ci sto più".

(di Antonio Nasso)

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