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recensione l'amore
non basta mai
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“La mia intenzione
è quella di
mostrare come molte
persone diano spesso
per scontati i sentimenti
altrui. Sebbene ci
si senta vicini l’uno
con l’altro
capita spesso che
si respiri una certa
incomprensione proprio
con le persone più
care e divenga così
sempre più
facile sentirsi lontani
anche quando si è
a casa”. Queste
parole appartengono
a Maria Blom, regista
di "L’amore
non basta mai",
film vincitore del
Premio del pubblico
al Festival di Rotterdam
2005, di quello per
la miglior sceneggiatura
(a cura della stessa
Blom, tratta da una
sua pièce teatrale)
allo Swedish Film
Awards 2005 e che
è stato proposto
come candidato svedese
per concorrere nella
categoria per il miglior
film straniero all’Oscar
2006. E’ la
storia della trentenne
single Mia (Sofia
Helin), in carriera
a Stoccolma, la quale,
in occasione del settantesimo
compleanno |
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del
padre, torna
nel piccolo
villaggio
della provincia
di Dalecarlia,
lasciato quindici
anni prima,
dove ritrova,
tra l’altro,
le sorelle
Eva (Kajsa
Ernst) e Gunilla
(Ann Petrén).
La prima,
dura e leggermente
antipatica,
sull’orlo
di una crisi,
è una
sorridente
nevrotica
che dedica
tutte le sue
attenzioni
al marito
e alla figlia
e si prende
cura dei genitori,
mentre la
seconda, donna
solare e positiva,
da poco divorziata
e con due
figli grandi,
è appena
tornata da
un viaggio
a Bali dove
ha lasciato
un amante
molto più
giovane per
ritrovare
la forza di
affrontare
il suo matrimonio
finito. Nel
corso della
festa, sotto
l’effetto
della vodka,
famiglia e
amici lasciano
emergere liberamente
tutti i loro
sentimenti,
tra confessioni
ed emozioni,
|
le
quali non
escludono
allegria,
tenerezza
e rimpianto.
Leggendo il
titolo italiano
del film verrebbe
da pensare
che si tratti
dell’ennesima
teen-commedy
romantica
in american-style,
mentre "Dalecarlians"
(così
s’intitola
in patria
il film),
immerso nelle
innevate scenografie
di Annelie
Wemstad (La
casa degli
spiriti),
racconta degli
abitanti della
Dalecarlia,
che la regista
descrive come:
“Personaggi
veramente
unici, così
pieni di sé
e delle loro
origini che
sono capaci
di comprare
una casa vacanze
a mezz’ora
dalla propria
solo per poter
restare in
Dalecarlia”.
E la teatralità
del prodotto,
testimoniata
anche dalla
realistica
fotografia
di Peter Mokrosinski
(Evil-Il ribelle),
priva di dominanti
colorate,
contribuisce
a mettere
in risalto
l’indiscussa
professionalità
del cast,
ma, soprattutto
per noi italiani,
abituati alle
nostre commedie
proto-fiction
e ad un certo
cinema a stelle
e strisce
volto al facile
intrattenimento
e ad una certa
spettacolarizzazione
dei contenuti,
l’insieme,
che non disdegna
analogie e
humour nero,
risulta fiacco
e privo d’interesse;
poi, lo script
peggiora quando
tenta di risultare
perfino lacrimevole.
Maria Blom
conclude:
“Il
mio più
grande desiderio
sarebbe che
il pubblico,
non appena
visto il film,
chiamasse
i propri cari
e parlasse
loro con vero
affetto”.
Probabilmente,
però,
se vi telefoneranno,
lo faranno
solo per dirvi
di andare
al cinema
a vedere un
altro film.
(di Francesco
Lomuscio)
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