AEON FLUX
 

recensione aeon flux

 
Charlize Theron, per fortuna, ancora ricorda di essere una delle donne e attrici più straordinariamente belle del mondo. Dopo essere stata una serial killer sovrappeso in "Monster" e una minatrice malvestita in "North Country", mette un’irresistibile tutina in latex per diventare una supereroina sexy. O meglio, un’eroina supersexy. E’ qualche anno che abbiamo capito che la statuaria sudafricana è brava e bella. Ma anche quest’ultimo film non risolve un angoscioso cruccio, per chi la ama: il motivo per cui non riesce ad essere l’una e l’altra cosa contemporaneamente. Subentrata all’esplosiva e sensualissima Michelle Rodriguez, l’attrice è Aeon Flux, una delle abitanti del fantastico mondo di Bregna, fortino dei sopravvissuti da un’epidemia incurabile che fatto fuori il 99% dell’umanità. Una natura tutto  
 
sommato innocua si è ripresa il pianeta, fatta esclusione per questo lotto di terra di qualche chilometro quadrato e un improbabile dirigibile- laboratorio. Siamo nel 2415 e la nostra amata, per l’occasione con capello corvino, con i suoi 400 anni portati con classe e sorprendentemente bene, vede la sua famiglia sterminata e amiche e conoscenti sparire nel nulla. Vedremo la sua lotta contro la perfida (?)  
dinastia dei Goodchild- a chi potrebbe far paura un leader che di cognome fa Bravobambino?- in cui due novelli Romolo e Remo reagiscono in maniera diversa a piccoli incidenti di percorso come l’esercizio del potere, l’eticità della clonazione e quisquilie di questo genere che da almeno un decennio ci propinano con scarsa originalità, qui scesa addirittura sotto la media non eccelsa dei predecessori. Illustri e meno illustri. A nulla valgono trovate da circo, tipo l’amica del cuore e compagna di risse Sophie Okonedo, la cui arma speciale è la dotazione di ben quattro mani (due, ovviamente, al posto dei piedi). Comprimari come Marton Csokas e Johnny Lee Miller, trascurabili, non alzano il livello. Perché allora mezza stella, invece di un meritatissimo pallino pieno di disprezzo? Per la bellezza della protagonista valorizzata in ogni modo. E per un pugno di fotogrammi, che la vedono in un pigiama esiguo e molto sexy, da togliere il respiro. Il cinema è anche estetica e, in questo caso, siamo a vette altissime. E volendo anche l’occhio la sua parte, salviamo Charlize da un’insufficienza grave e senza appello. Nascondere bellezza e talento a corrente alternata, però, è un vizietto che questa simpatica ragazza che iniziò con un’astuta pubblicità del Martini (una sedia galeotta catturava un filo del suo esiguo vestito e lei allontanandosi, inconsapevole, offriva a noi fortunati una visione prosaicamente celestiale) deve togliersi: gli porterà Oscar e ingaggi notevoli, ma non la renderà mai veramente completa. Il coraggio è essere belli e bravi. Come ci insegna il suo erede nella reclame del Martini, George Clooney. Al massimo, se necessario, con qualche chiletto in più.

(di Boris Sollazzo)

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