XXY
 

recensione XXY

 
“Un certo grado di ermafroditismo anatomico, infatti, è proprio della normalità; in nessun individuo di normale formazione maschile o femminile mancano le tracce dell’apparato dell’altro sesso che, o continuano a sussistere, senza avere una funzione, come organi rudimentali, oppure sono state trasformate per assumere altre funzioni”. Queste parole sono del 1905 e appartengono al padre della psicanalisi Sigmund Freud. Ma il pensiero popolare viaggia a secoli di distanza e così Alex, quindicenne ermafrodita, deve riparare nelle terre desolate – e splendide - della costa uruguayana. Racconta la giovane regista Lucia Puenzo: "Un neonato su 500 in Argentina nasce con entrambi i sessi. Nonostante questo molti pensano che l'ambiguità sessuale sia una leggenda". Un film, dunque, sulla diversità, sull’isolamento forzato di chi  
 
non rientra nel quadro della “normalità”. Normalità del senso comune, normalità ipocrita che richiede una sessualità etero e riproduttiva. Alex è costretto ad andare via da Buenos Aires per scampare agli sguardi indiscreti della gente. Il tema, così delicato, è trattato con grande maestria e delicatezza dalla giovane regista Puenzo che non ha voluto fare un documentario – genere spesso indicato per mostrare le ingiu-  
stizie, ma che lascia fuori scena il pathos – ma un film di finzione. E la finzione sa restituirci in modo autentico il dramma di un adolescente che vive una diversità alla seconda potenza e che potrebbe vivere “normalmente” se non fosse in bilico, in una condizione tragica, tra il rifiuto/rigetto dei benpensanti e la mania di classificare del sapere medico. Un film forte, da vedere.

(recensione di Delio Colangelo )

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