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recensione vuoti a rendere
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Forse è vero, o forse no: la terza età potrebbe anche essere una fase della vita tutt'altro che noiosa. Anzi con molte sorprese, compreso un volo poetico e spericolato su una mongolfiera senza pilota sopra le campagne che circondano Praga. Già dalle prime scene di questo film riconosciamo la faccia barbuta e sorniona dell'attore protagonista di Kolya, l'opera cecoslovacca che più di dieci anni fa vinse l'Oscar come miglior film straniero. L'attore in questione è Zdenek Sverak, conosciuto attore del teatro ceco, mentre la regia è sempre quella del figlio, Jan Sverak, quasi a voler ribadire un felice connubio cinematografico di padre e figlio che è arrivato con questa pellicola all'ultima
puntata di una trilogia incominciata giusto con Kolya. Un uomo di sessantacinque anni rifiuta il pensiona- |
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mento, abbandona l'insegnamento perché non è più felice e allora si inventa un nuovo lavoro, prima come pony express per le strade di Praga e poi come magazziniere in un supermarket cittadino; con la mansione di raccogliere le bottiglie di vetro vuote per riciclarle, vuoti a rendere appunto. Ma quest'uomo, pur sposato da più di quarant'anni e con una serena situazione familiare, non riesce comunque a |
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darsi pace, quasi che sia ancora un ventenne: ed eccolo allora sognare fantasie erotiche con una ex collega di scuola o con una cliente del supermarket, oppure architettare un incontro amoroso di nascosto per la figlia di recente abbandonata, e anche improvvisarsi assistente per anziane persone o perspicace organizzatore di appuntamenti amorosi. Un pazzo, un folle, come lo definisce la moglie. O forse un uomo che vuole soltanto continuare a vivere, a godere delle belle cose della propria esistenza senza doversi già per forza sentire un residuo della società, un vuoto a rendere precisamente. La commedia è gradevole e ironica e tratteggia con impalpabile soavità la vicenda di quest'uomo con delicatezza e disincanto, lasciando alle scene quel tocco di levità che ha sempre caratterizzato il cinema e anche la letteratura cecoslovacche: un po' come il viso intenso di Zdenek Sverak che dà anima e corpo ad un personaggio dall'espressione scanzonata e dagli atteggiamenti incauti, che però suscita la simpatia dello spettatore che non se la sente di biasimarlo, alla fine di tutto. E se una persona dopo i sessant'anni sente ancora tanta energia dentro, perché criticarla? Al massimo, possiamo solo sorridere con garbo quando la vediamo vestita come un pinguino sfrecciare per le strade della città su una bicicletta con uno zaino carico di pacchi da consegnare e con il caschetto sulla testa. Lo vediamo e sorridiamo bonariamente. Niente di strano, no?
(di Michele Canalini)
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