VOLVER
 

volver - recensione

 
Ritorna Pedro Almodovar, il regista spagnolo più famoso dai tempi di Luis Bunuel. Dopo aver vinto due Oscar per la sceneggiatura di "Parla con lei" e per il miglior film straniero con "Tutto su mia madre", premiato pure a Cannes per la miglior regia, il grande regista appare anche quest’anno sulla Croisette, tra un Codice Da Vinci, una Maria Antonietta e un Caimano. E lo fa per presentare in concorso "Volver", il suo sedicesimo lungometraggio. Una storia di donne, una commedia che ci riporta alle origini della filmografia dell’autore ma che, inevitabilmente, si ricollega ai luoghi e ai fantasmi dei capolavori più recenti. Senza chiudere il cerchio. Perché qui si parla del grande rimosso: la morte. E il vento, fino all’ultima scena, porterà talmente tanto caos nel reale da lasciare il film senza un finale chiarificatore. Volver significa “(ri)tornare” e forse è  
 
per questo che Almodovar ci consegna un’opera autobiografica (è lui il bambino che non si vede, davanti al quale accadono tutte le cose) e ritorna al passato da commedia, seppur mescolata con il melò e un velo di thriller. Ma, con "Volver", l’intento è soprattutto quello di far ritorno alla regione della Mancha, legata alla figura della madre del regista e all’universo femminile in generale. Raimunda (Penelope  
Cruz), Paula (Yohana Cobo), Sole (Lola Duenas) e Irene (Carmen Maura), madre di Raimunda e Sole, si muovono all’interno di un intreccio tanto complesso e circolare quanto misterioso e appassionante. Si, perché Irene per tutti è morta da tempo ma poi ritorna in veste di fantasma per regolare i conti, guarda caso, col suo oscuro passato. La magia e l’arcano prendono corpo quando Sole, Raimunda e sua figlia tornano nella Mancha, per far visita all’anziana zia Paula, accudita dalla vicina di casa Augustina (Blanca Portillo). Anche se tutto il puzzle si ricomporrà nel ritorno finale alla vecchia casa d’infanzia, le donne di Volver dovranno prima fare i conti con l’essenza della morte e con il dramma delle loro vite. Almodovar è bravissimo a non mischiare mai i piani. L’armonia interna è costante e resa perfettamente dai colori (dal nero rosso sangue alla brillantezza del comico puro). "Volver" è una pellicola classicissima con particolari accenni al neorealismo italiano, un atemporale omaggio al mondo femminile mediterraneo, ai corpi, ai destini incrociati, un inno alla vita, un horror, un melodico dramma, un tango disumano, un autoritratto, un sesso punitore. Un film che avrà sempre qualcosa da dire.


(di Bruno Trigo )

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