VIAGGIO SEGRETO
 

viaggio segreto recensione

 
A volte si pensa che un film possa andare oltre i limiti di un facile regionalismo, di una facile patina da cartolina, e che riesca inoltre a unire la spietatezza dello studio emotivo e fisico, con una giusta presa narrativa fondamentale. Alternando turpiloqui stilistici con momenti effettivamente zen (per la totale e invadente forma di minimalismo corrente) Roberto Andò tenta la carta del film intimo, ma allo stesso tempo di ampio respiro. Uno psicanalista sui 40 anni, che nel suo quotidiano è solito impegnarsi della sofferenza altrui, in seguito al fallimento del suo matrimonio è costretto a rivolgere il proprio sguardo su se stesso nel faticoso tentativo di ricostruire la sua vita. Nel frattempo sua sorella entra in crisi pochi giorni prima il matrimonio, una crisi dai contorni inquietanti che rimanda a una tragedia remota, condivisa da  
 
entrambi i fratelli. L'uomo decide allora di tornare in Sicilia per riacquistare la casa dove lui e la sorella hanno passato l'infanzia, e dove il dramma ha avuto inizio. Tratto dallo splendido romanzo "Ricostruzioni" dell'irlandese Josephine Hart, l'autrice del violento e dolente "Il danno", "Viaggio segreto" è un'opera molto ambiziosa e ammaliante, ma non del tutto riuscita. Sarà forse perchè la Sicilia di Andò non ha la stessa forza  
evocatrice dell'Irlanda della Hart, sarà forse perché una materia così particolare spaventa il regista tanto da fargli perdere sicurezza e farlo sterzare verso i più consoni lidi della fiction di lusso di matrice americana, ma la pellicola, dopo un promettente inizio, si sfrangia pericolosamente e diviene un'accozzaglia di quadri eleganti. Non si riesce mai a capire la vera natura dei protagonisti, il perché delle loro azioni, e quello che è peggio, manca una certa plausibilità. Lo stile da elegante diviene artefatto e l'uso di un montaggio troppo frammentario smarrisce anche lo spettatore più attento. Rimangono le attrici, muse particolari e brave cui Andò si affida, come Claudia Gerini e Donatella Finocchiaro, e poi la vera sorpresa (o conferma): Valeria Solarino. L'incarnato di Claudia Cardinale dei bei tempi di Visconti è il paragone più appropriato per la talentosa attrice, che non ha paura dei ruoli e di mostrarsi nella sua vera essenza. Il suo ruolo non è ben scritto, eppure la sua espressività riesce ad andare oltre le défaillance della pagina scritta, regalandoci uno sguardo profondo e ipnotico sulla vita che vede. Meno sentiti gli attori: se Kusturica aveva dimostrato con Patrice Leconte di essere bravo, qui è solo impacciato e lo stesso vale per Alessio Boni, troppo legnoso e legato in una recitazione superficiale per smascherare i moti dell'animo del suo personaggio.

(di Gabriele Marcello )

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