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Inspiegabilmente in
ritardo nei confronti
del Festival di Venezia
(dove ha ricevuto
il premio “Mastroianni”
per il miglior attore
emergente) arriva
sugli schermi italiani
questo film di Laurent
Cantet, regista più
volte apprezzato per
due piccoli gioielli
sul mondo del lavoro
(“A tempo pieno”,
“Risorse umane”).
“Verso il Sud”,
basato su tre racconti
brevi di Dany Laferrière,
è un’opera
di fronte alle quale
non si può
non rimanere alquanto
perplessi. Sicuramente
seria ed impegnata,
lascia un po’
interdetto lo spettatore
che non sa bene come
interpretarla: atto
d’accusa al
nuovo colonialismo
americano? requisitoria
contro i regimi dittatoriali
del Terzo Mondo? analisi
di una società
in cui le differenze
tra le classi sono
immense? quadro di
una terra che può
contemporaneamente
comunicare attrazione
e rifiuto, un luogo
idealizzato |
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e frainteso?
affresco
di una
civiltà
in cui
razzismo
violenza
prostituzione
la fanno
da padroni?
denuncia
di un
Occidente
ormai
stanco
e frustrato?
indicazione
di un
possibile
terreno
d’incontro
tra
Nord
ricco
e Sud
povero
(o al
contrario
affermazione
della
loro
antropologica
incomunicabilità)?
esaltazione
dell’amore
a qualsiasi
prezzo?
constatazione
della
nuova
condizione
della
donna?
ritratto
di come
questa
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non riesca
a separare
il puro divertimento
sessuale dal
coinvolgimento
sentimentale
e di come
le illusioni
facilmente
possano facilmente
trasformarsi
in disillusioni?
Troppa carne
al fuoco.
Ciascuna di
queste ipotesi
potrebbe essere
valida: il
film contiene
tracce di
ognuna di
esse, ma in
maniera talmente
labile e sfumata
che continuamente
ti chiedi
cosa il regista
voglia comunicare.
Il tutto reso
più
difficile
dallo stile
scelto da
Cantet: asciutto
ed essenziale
al massimo
(quasi asettico),
senza nulla
concedere
al pubblico
che si scopre
osservare
la vicenda
con eccessiva
freddezza.
La “sobrietà”
è una
virtù
del cinema
francese…
ma qui si
tende ad esagerare.
Assistiamo
a un resoconto
“clinico”
di un regista
“avaro”
di sentimenti
che sembra
voler ignorare
che il cinema
è “anche”
emozione.
Il parlare
del desiderio
sessuale delle
donne non
è ricorrente
nella cinematografia
(specie di
quelle di
una certa
età).
In “Verso
il Sud”
sono le donne
stesse a parlarne,
confessandosi
davanti alla
macchina da
presa. E’
la parte più
interessante
del film ma
stranamente
Cantet le
lascia poco
spazio quasi
temesse la
partecipazione
emotiva dello
spettatore:
ne consegue
anche un non
soddisfacente
approfondimento
psicologico
delle protagoniste
le cui motivazioni
non sempre
appaiono chiare.
Nel complesso,
un film problematico
che invita
quindi alla
riflessione
e alla discussione,
e questo è
senz’altro
un merito,
come lo è
l’aver
evitato ogni
compiacimento
folcloristico
(sempre in
agguato con
gli scenari
tropicali),
ogni orpello
da paesaggio
paradisiaco.
Ottima la
prestazione
dell’intero
cast, tutti
da lodare
senza riserve.
(di Leo
Pellegrini
)
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film "Verso
il sud"! |
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