VALLANZASCA - GLI ANGELI DEL MALE
 
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recensione vallanzasca

 
Succede in Italia che un film di Michael Mann che parla di un rapinatore di banche di fama internazionale sia molto apprezzato da pubblico e critica, specialmente se il protagonista č un certo Johnny Depp. Allo stesso modo succede che se Michele Placido inizia a girare un film su un criminale milanese ancora in vita, Renato Vallanzasca, che attualmente sta scontando la sua pena in carcere, si innalzino tutta una serie di critiche preventive, che sembrano sottintendere un fastidioso e anacronistico pregiudizio sulla minoritą del pubblico. La polemica č poi cavalcata ad arte dagli stessi realizzatori del film: il regista ad esempio butta legna sul fuoco dicendo che in Parlamento ci sono criminali peggiori di Vallanzasca. Superare le querelle e l'approccio paternalistico e giudicare l'opera di per sč č l'unico modo per tornare a parlare  
 
di cinema. Vallanzasca - Gli angeli del male è un film che funziona molto bene, in grado di ammaliare il pubblico e farlo immergere dentro una Milano oscura e ormai finita, con soluzioni di regia interessanti - pur con qualche scivolone non da poco. La costruzione del protagonista, basata sull'autobiografia del vero Vallanzasca " Il fiore del male " scritta a quattro mani con Carlo Bonini , è più che convincente, con un Kim   recensione vallanzasca gli angeli del male
Rossi Stuart che per entrare nella parte adatta il proprio corpo, la propria voce, persino lo sguardo. Oltre che davanti alla macchina da presa nel ruolo di protagonista lo troviamo impegnato anche nella realizzazione della sceneggiatura come supervisore dei dialoghi ed è subito evidente, dal modo in cui recita, che abbia fatto sue le parole del protagonista. Molto equilibrato il modo in cui si mostrano aspetti negativi e positivi dello stesso uomo: un individuo oscuro, fuori dalla legge degli uomini e di Dio, ma allo stesso tempo continuamente teso a rispettare l'onore e a mantenere una certa coerenza morale nel suo agire. Questa era, in fondo, l'intenzione principale del regista, che spiega: "Non mi interessava il libro di Vallanzasca e non mi interessava entrare nel merito della vicenda. Quello che trovavo stimolante da un punto di vista artistico e creativo era entrare nella mente di un criminale per capire, con un approccio asettico e quasi entomologico lontano da qualsiasi giudizio morale, cosa si prova a stare in bilico fra la normalità e la devianza, a trovarsi al bivio fra il bene e il male e a scegliere deliberatamente il male." Ne deriva un personaggio di grande fascino e alcune delle sue battute sono destinate a divenatere cult. Convince meno, invece, il personaggio di Enzo, interpretato da Filippo Timi : un po' troppo sopra le righe, urlante e piangente, costantemente alterato da stupefacenti vari. A lui sono dedicate alcune scene che appaiono decisamente fuori dall'insieme: lo iato stilistico tra il realismo complessivo del film e la modalità videoclippara con la quale lo spettatore entra nel punto di vista dell'amico di Vallanzasca diventa una frattura nella sospensione dell'incredulità; all'improvviso lo spettatore si sente estraneo alla rappresentazione sentendone il peso del carattere fittiizio. Al di là di qualche discutibile soluzione tecnica, il film è buon gangster movie all'italiana e riesce a raccontare una pezzo di storia italiana che si sviluppa degli anni Settanta/Ottanta, captandone l'atmosfera e rilevando i cambiamenti nel fluire del tempo.

(di Maria Silvia Sanna )


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