UNITED 93
 

united 93 recensione

 
Salmodiano preghiere, i quattro giovani arabi che si stanno accingendo a eseguire gli ordini: devono dirottare il volo United 93 per San Francisco su Washington e schiantarsi, forse, sulla Casa Bianca. Come loro, altri quindici uomini prenderanno possesso di altri quattro aerei, e in particolare per le Torri Gemelle, l’obiettivo riuscì come è amaramente noto a tutti noi. I gesti dei passeggeri protagonisti come le normali operazioni di imbarco o le telefonate ai cari, sono i gesti ordinari di una giornata qualunque. Ma ben presto l’eccezionalità irromperà nelle loro vite, frantumando qualunque equilibrio conquistato. Paul Greengrass che diresse “Bloody Sunday” film/documento sugli eventi sanguinosi nell’Irlanda del Nord, tenta la ricostruzione sulla base dei verbali esistenti tra le torri di controllo e i veli-  
 
voli coinvolti ma soprattutto, raccogliendo con certosina volontà i ricordi dei familiari e dei protagonisti reali di quel fatidico 11 settembre 2001. Famigerato giorno che consegnò al mondo intero la crudele realtà di una nazione spezzata dagli attentati terroristici che subì. Sono stati scelti attori professionisti ma sconosciuti, eccezionali nel raccontare con le loro facce comuni il sospetto, la paura, la presa  
di coscienza. L’azione si svolge tra il panico e l’incredulità all’interno delle torri di controllo (una frase per tutte: “Abbiamo roba che vola fuori controllo!”), l’aereo di linea numero 93 e la stanza dei bottoni del sistema di difesa nazionale che rimpallò autorizzazioni e decisioni. Il gigante America si rivelò del tutto impreparato: non uno dei caccia di ricognizione decollò per bloccare la situazione. Verrebbe da pensare per consolarsi che si tratta del solito film catasfrofico che hollywood ha sfornato ma quando ripassano sullo schermo le immagini degli aerei che attraversano le Twin Towers, si sussulta dolorosamente. I passeggeri del volo United 93 capirono quel che sarebbe successo. Poterono comunicare con l’esterno e consapevoli, provarono a riprendere il controllo dell’aereo ma nessuno di loro scampò alla morte. Il tono della pellicola è documentaristico, girato quasi in tempo reale. A tratti sconvolgente, mai inutilmente melodrammatico. Commuove e il perché è comprensibile: si piange su ferite aperte. Ma per le risposte, i mea culpa e le scuse ai civili da parte del governo Bush, c’è ancora molta strada da fare.


(di Daniela Losini )

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