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recensione una notte al museo 2
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Larry Daley, ovvero l'eterno scontento. Non pago di essere riuscito a mettere su dal nulla un'azienda di successo, in puro stile "american dream", il protagonista del film precedente non sa cosa farsene di tutti i suoi milioni, gli manca la passione per il lavoro che faceva prima, il guardiano notturno al Museo di Storia Naturale di New York. Ma quando i suoi amici di cera corrono il rischio di essere murati per sempre negli immensi sotterranei dello Smithsonian Museum di Washingont D. C. (il museo pił grande del mondo!), non esita a precipitarsi da loro per salvarli.
Si sa, quando una cosa riesce bene, sarebbe da ingenui non sfruttarla ancora una volta (Una notte al museo ha sbancato i botteghini di mezzo mondo) quindi ecco subito pronto Una notte al museo 2 - La fuga, il sequel che riprende grosso modo la trama del primo (con tanto di |
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delirante faraone da
sconfiggere) portando l'azione fuori dallo spazio claustrofobico del museo newyorkese nel mega museo della capitale degli USA. Più sale, più personaggi, più inseguimenti uguale più divertimento? Purtroppo no. Su tutto vince la noia. Già la trama del primo film non brillava certo per acutezza o novità, era solo un misero pretesto per vedere Robin Williams nella divisa di Teddy Roosevelt o il |
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Tyrannosaurus rex a caccia nei corridoi del museo. Stavolta non si è sentita la necessità di fare nemmeno un tentativo microscopico di aggiornare la trama o il carattere di Larry (che rimane insignificante come era prima), tanto si sapeva sarebbero bastati gli effettoni speciali. Unica nota positiva è l'inserimento nel cast della giovane Amy Adams ( Come d'incanto , Il dubbio ) nei panni della pioniera dell'aviazione Amelia Earhart, che prova ad inserire un po' di pepe e di carisma in questo giocattolone per bambini e adulti poco cresciuti. Per il resto ci sono il terzetto dei cattivi più grandi della storia, Ivan il terribile, Napoleone e il giovane Al Capone (bocciate la autocandidature di Darth Vader -purtroppo- e Oscar the Grouch) guidati dal geniale Hank Azaria (ben doppiato da Pino Insegno) nei panni del faraone Kahmunrah. Incomprensibile la scelta di ricorrere nella versione italiana all'accento napoletano per il sorvegliante Brand òn (per non parlare della voce romanesca del pupazzo Ottavio, degna dei centurioni dei film di Asterix) e inqualificabile la battuta stupida e inutile (visto che il film è destinato principalmente ai bambini) su Berlusconi.
(di Chiara Cecchini)
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