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recensione un'impresa
da dio
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Fare un sequel di
un film di successo
come “Una settimana
da Dio” non
è cosa facile,
specie se si vuole
fare a meno del talento
di Jim Carrey. Steve
Carrell, che aveva
riscosso un grande
consenso di pubblico
per la sua performance
nel primo film, è
stato scelto come
protagonista per questa
impresa da Dio: costruire
un’arca. Eletto
al congresso, l’intraprendente
anchorman di Buffalo
si trasferisce con
la famiglia nel nord
Virgina, dove i suoi
piani ambiziosi sono
sconvolti dall’incontro
con Dio, interpretato
ancora una volta da
un Morgan Freeman
(sicuramente il ruolo
più importante
dato da Hollywood
ad un afroamericano).
Dio gli annuncia che
dovrà costruire
un’arca, utilizzando
mezzi più che
efficaci per convincerlo.
Messo di fronte ad
eventi più
grandi di lui, Evan
è costretto
ad accantonare la
sua |
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vita
per
intraprendere
la folle
impresa.
L’idea
di base
del
film
non
è
proprio
eccezionale,
ma bisogna
dar
credito
al regista
Tom
Shadyac
di aver
confezionato
un film
tutto
sommato
divertente
e curato.
La storia,
che
non
brilla
per
originalità
o colpi
di scena,
scorre
comunque
bene
per
tutti
i 96
minuti
del
film
e il
finale
non
è
la delusione
che
ci saremmo
aspettati.
Steve
Carrell,
lanciato
alla
ribalta
da “40
anni
vergine"
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(di cui appare
una piccola
citazione
nel film)
conferma le
sue doti di
attore e raccoglie
degnamente
l’eredità
di Jim Carrey,
senza cercare
di imitarlo,
ma proseguendo
nella caratterizzazione
del personaggio
interpretato
nel primo
film. Steve
è circondato
da alcune
spalle di
buon livello,
anche se non
irresistibili;
in particolare
la sua assistente,
divertente
nei primi
minuti, alla
lunga diventa
abbastanza
fastidiosa
con le sue
battute forzate.
Lauren Graham,
brava protagonista
dei telefilm
“Una
mamma per
amica”,
non ha una
parte di grande
rilevanza
nel film e
comunque non
ha modo di
mettersi in
grande luce,
o forse non
riesce a farlo.
(recensione
di Flavio
Nani )
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da dio"! |
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