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recensione un
giorno perfetto
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Attesissimo alla 65a
mostra del film di
Venezia, “Un
giorno Perfetto”
di Ferzan Ozpetek
non ha riscosso la
piena approvazione
della critica giornalistica,
fino ad essere quasi
considerato un film
deludente, ma successivamente
è stato calorosamente
acclamato dal pubblico.
La storia del film
è tratta, da
Ozpetek, dall’omonimo
romanzo di Melania
Mazzucco. Una storia
tragica, di un marito
e di una moglie spartuti
(come li definisce
la vicina!), separati
irrimediabilmente.
Emma (Isabella Ferrari)
ed Antonio (Valerio
Mastandrea) un tempo
si sono amati moltissimo
ed hanno due deliziosi
figli, Valentina (Nicole
Murgia) e Kevin (Gabriele
Paolino). Ma la gelosia
di Antonio ad un certo
punto si delinea in
una forma ossessiva,
come un acido che
opera uno stillicidio
silenzioso nel suo
cervello e lo ammala
tanto da condurlo
alla follia. La |
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mdp
fende
gli
spazi
dell’abitazione
della
coppia,
posa
l’occhio
vitreo
sugli
oggetti,
su tutto
ciò
che
costituisce
elemento
vitale
di una
famiglia:
rumori,
foto,
ambienti,
giocattoli,
vestiti
e…un
Antonio
dormiente
accanto
ad una
Emma
tormentata,
mentre
dietro
i vetri
delle
finestre
dell’abitazione
irrompe
una
pioggia
cattiva,
sinistra,
quasi
eterna.
Ozpetek
questa
volta
cambia
registro.
Intorno
ad una
storia
cruda
e |
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crudele intrisa
di maltrattamenti
familiari,
in cui si
alternano
un marito
pazzo di gelosia
e una moglie
che tenta
di conquistare
l’autonomia
economica
e psicologica,
allinea, in
parallelo,
altre storie
di vita, non
meno tristi
e squallide.
Entrano a
far parte,
nel girone
delle scene,
personaggi
come la madre
eccentrica
di Emma, (una
brava Stefania
Sandrelli),
una solitaria
dottoressa
che appare
e scompare
(Angela Finocchiaro),
il viscido
e dispotico
senatore (Valerio
Binasco),
l’insoddisfatta
giovane moglie
di quest’ultimo
(una solare
Nicole Grimaudo),
l’insegnante
di Valentina
(un’intensa
Monica Guerritore).
Ozpetek intesse
la storia
in un mosaico
di vite alla
deriva che
si vestono
di valori
fantasma,
di gente che,
pur vivendo
in un’apparente
società
fatta di relazioni
e di concitate
aspettative,
resta sola
e solitaria
a tenere il
passo all’irruenza
malevola del
tempo, arrancando
in dimensioni
esistenziali
false e mortificanti.
La tragedia
irrompe in
tutta la sua
miseria, annunciata
nella dimensione
di una follia
estrema. E
la mano di
un grande
maestro del
cinema contemporaneo,
Ferzen Ozpetek,
ci restituisce
con “Il
giorno perfetto”
una corale
rappresentazione
di luoghi
di una Roma
pittoresca,
affascinante
nelle sue
strade notturne,
solitarie
e poco illuminate,
teatro di
emozioni,
dolori, solitudini
e paura di
esistere.
Gli sguardi
si verbalizzano,
le note di
una struggente
armonica a
bocca scandiscono
i momenti
scenici, i
silenzi materializzano
il senso del
dramma che
lacera e annienta
senza ritorno.
L’occhio
di Ozpetek
inquadra spazi
di interni
e di esterni
con carrellate
e zoomate
che alimentano
entusiasmo
e compiacimento
per questo
film che sviscera,
senza cadere
nel macabro
gratuito,
una storia
della nostra
quotidianità,
di verità
reali, di
vite perse
e disperate
in una contemporaneità
che non fa
sconti a nessuno.
Un maestro
come Ozpetek
costruisce
e delinea
con meticolosità
i personaggi
dei suoi film,
riuscendo
a far emergere
queste caratteristiche
nella recitazione
degli attori.
Una misurata
ed efficace
Isabella Ferrari
ed una sorprendente
e riuscita
performance
di Valerio
Mastandrea,
bravo nel
suo doppio
di timidezza
e arrendevolezza
e accecante
follia, ne
sono una conferma.
Lo sguardo
deciso e benevolo
di Serra Yilmaz
(la barista,
attrice prediletta
di Ozpetek),
che si posa
sul volto
sorridente
di Emma, che
ignara ed
incredula
vive un momento
di tranquillità
gustandosi
un delizioso
gelato alla
crema e cioccolato,
gioca ad arte
il parallelismo
con la tragedia
che si consuma
altrove e
che segnerà
l’epilogo
della storia.
E allo scorrere
dei titoli
di coda, nessuno
è scappato.
Siamo rimasti
immobili sulle
nostre poltrone,
sul volto
un sorriso
di compiacimento
appena abbozzato
per un film
pulito, stilisticamente
preciso e
sintetico,
che si svolge
tutto in …
“Un
giorno perfetto”.
(di Rosalinda
Gaudiano
)
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