UN'ESTATE AI CARAIBI
 
locandina un'estate ai caraibi

recensione un'estate ai caraibi

 
Per chi non fosse ancora stufo delle pellicole natalizie al gusto di poppe e sederi, per chi aspettasse impaziente la caduta dei primi fiocchi invernali che annunciano l'avvento di un Natale cinematograficamente pregno di mediocrità, o per chi, incosciente, continuasse ad alimentare l'industria dei cinepanettoni noncurante dei danni che potrebbe provocargli alla salute: gioite! In questi caldi mesi nessuno rimarrà a bocca asciutta, l'attesa è finita e "Un'estate ai Caraibi" dei fratelli Vanzina è qui per consolare e lenire la nostalgia dei vari Boldi e de Sica. Quindi: cinque storie parallele di italiani ai Caraibi, cinque storie che non si incrociano nemmeno per sbaglio. Soliti tradimenti veraci, "inguacchi" all'italiana, clientelismo politico, occasioni di rivalsa e ribaltamento dei ruoli. Un quantitativo sufficiente di terze abbondanti e sederi  
 
sodi. Che altro dire? Probabilmente che allungare la stagione invernale per continuare a incassare al botteghino e lasciar respirare l'industria del cinema nostrano - in questa buia parentesi di crisi generale - potrebbe essere un obiettivo più che lodevole, ma se il fine passa per mezzucci simili non si è pronti a giustificare niente. La commedia italiana - con la "C" e la "I" maiuscole - è stata ed è ben altra cosa: il riscatto   recensione un'estate ai caraibi

(economico) e la dignità (artistica) passano attraverso/camminano con degli standard culturali minimi, necessari per rendere qualsiasi pellicola minimamente godibile. Il film, che fortunatamente non si fregia di una comicità volgare, non strappa che qualche smorfia di ilarità. Punto. E se non fosse per macchiette divertenti come lo scroccone Alberto (Gigi Proietti), il banchiere Roby (Carlo Buccirosso), l'industriale Remo (Maurizio Mattioli) e il suo factotum Angelo (Enrico Brignano), forse il risultato sarebbe potuto essere ancora più scadente. Perché è indubbio che una situazione divertente non rende divertente l'attore, e che le moine di Laura, le battute livornesi dei dj Max e Tommy o la frustrazione erotica del dentista Vincenzo non giovano alla vicenda, ma stuccano e imbarazzano. Niente da dire su Jennifer (Jayde Nicole) dalla quale non ci si aspetta più di quello che dà, mentre un plauso particolare va al sosia del Presidente del Consiglio - ebbene sì - che se non altro, per ciò che rappresenta in quel contesto, è responsabile di una delle due risate nelle quasi due ore di film.


(di Marco Trani)


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