co in cui ogni tessera ne chiama necessariamente un'altra. La scena di questo dramma domestico è l'elegante quartiere Prati di Roma. Il giovane regista Peter Marcias, autore di interessanti documentari come "Ma la Spagna non era cattolica?", costruisce una storia dalla struttura narrativa simile ai lavori di Inarritu: tanti personaggi con la loro particolare storia personale, che, per un motivo o per l'altro, si

intrecciano tra loro. Quello che colpisce della pellicola è l'atmosfera onirica e magica che si respira: come pianeti nel freddo spazio i personaggi non riescono a comunicare con il mondo esterno, limitandosi ad orbitare uno accanto all'altro, senza mai toccarsi veramente; quando però c'è un piccolo passo in avanti verso l'altro, la tenerezza invade il grigiore della paura. Un film difficile da definire ma non privo di fascino: alla fine, nonostante i personaggi siano uno più stralunato dell'altro e sul filo della follia, ci si affeziona alle loro storie così bizzarre eppure così normali, come se in effetti la normalità al giorno d'oggi sia più un miraggio che la realtà quotidiana. L'incomunicabilità di questo mondo frenetico viene poi espressa con un finale criptico e fortemente simbolico anch'esso "in sospeso". Un lavoro interessante, diverso dal cinema italiano contemporaneo e dal fascino magico e misterioso.