UN AMORE SENZA TEMPO
 

recensione un amore senza tempo

 
Un cast stellare non è sempre garanzia di un capolavoro. È questo il caso, purtroppo, di “Un amore senza tempo – Evening”, secondo lavoro dell’ungherese Lajos Koltai (“Fateless”), apprezzato direttore della fotografia che ha collaborato a lungo con il connazionale István Szabó, oltre che con Tornatore, Mandoki, Gothár e altri. Tratto dal romanzo “Evening” di Susan Minot, qui anche sceneggiatrice insieme a Michael Cunningham, il film si muove tra il passato e il presente di Ann, in un mescolarsi di ricordi ed emozioni che riaffiorano quando la sua vita tumultuosa sembra essere giunta ormai al termine. Storia di madri e figlie, di amiche le cui strade si dividono ma comunque indissolubilmente legate, di sorelle regolarmente diverse l’una dall’altra. Di uomini che sono (quasi) un contorno, ma che in quel poco che danno sulla  
 
scena sono causa di cambiamenti inattesi e inaspettati. Viene da chiedersi di quale amore parli la – pessima – resa in italiano del titolo. Di quello che infatti sarebbe potuto essere la rappresentazione di una grande saga familiare, di una Vita intensa, del passato che torna proprio quando uno non se lo aspetta, non v’è traccia. “Un Amore senza tempo – Evening” rimane sommerso da dialoghi a tratti melensi e fin trop-  
po scontati, un accumulo di luoghi comuni né approfonditi né troppo fotografati (malattie, amori non corrisposti, machismi, rimorsi etc.) che portano alla commozione, ma lì si fermano. La grande galleria di personaggi femminili (solo per fare qualche nome: Vanessa Redgrave, Meryl Streep, Claire Danes, Tony Collette, Natasha Richardson, Glenn Close) non viene affatto sfruttata in tutte le sue potenzialità, e quelle che sarebbero dovute essere figure emblematiche di donne forti vengono ridotte ai soliti cliché – dalla figlia scapestrata e quella fedele madre di famiglia, all’anziana signora che rimpiange un vecchio amore. E il ‘primo errore’ di cui parla la protagonista all’inizio, ottima definizione di quello che avrebbe dovuto essere il nodo fondamentale del film, rimane un qualcosa di appena accennato. Peccato.



(recensione di Giulia Mazza )


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