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Poeta e scrittore,
Emiliano Cribari ha
fatto esperienze di
editoria e promozione
letteraria oltre che
come fotoreporter,
regista teatrale,
di corti, video, spot.
Questo suo secondo
lungometraggio, un
film nel film, trabocca
di attori (che danno
l’impressione
di essere alle prese
con un saggio da allievi
di una scuola di recitazione),
parole (tra cui angelo,
testo dell’autore
stesso), musica sempre
replicantesi. Il protagonista
Vito, quando la pellicola
è già
a buon punto, avverte:
“mamma, non
lo faccio più
il film. Parlava della
nostra Sicilia, di
me, e prendeva un
po’ in giro
l’amore”.
Se seguiamo l’affermazione
a ritroso, partendo
dai sentimenti Cribari
ritiene “le
storie degli uomini,
cicliche, sempre uguali
a se stesse”,
quindi tuttotorna.
Ma proprio in base
a questo assunto,
le iniziali schermaglie
tra amanti sono bana- |
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li o di una
vocazione
magniloquente
fuori contesto.
Quando egli
sposta poi
l’attenzione
sul proprio
mondo, ci
dice della
“linea
di confine
tra l’estasi
e la realtà”,
oppure che
“come
un’idea
geniale, il
primo amore
non ti scivola
addosso mai”,
e il film
però
resta indietro,
trascurato
dalle fughe
trascendenti
del poeta-cineasta.
Il quale sembra
quindi cercare
di giustificarsi
(o attaccare)
preventivamente
nel momento
in cui afferma
che “il
cinema è
prosa, non
poesia”,
o che rinuncerà
al progetto,
o addirittura
dandosi per
morto nel
finale. Così,
un lungometraggio
non può
ridursi ad
un breve omaggio
al Sud “selvatico
e mistico,
divorato da
chiunque e
abbandonato
sempre da
tutti”:
l’unico
spezzone in
cui riescono
felicemente
a fondersi
i versi scritti
con la lirica
delle immagini.
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recensione del
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