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recensione tutta
la vita davanti
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Virzì è
forse l’ultimo
cantore dell’Italia
che cade, che arranca,
che lentamente si
svuota (di significati,
di talenti, di orizzonti).
Con sguardo amaro
(come già in
“Caterina va
in città”)
ne (rac)coglie le
fragilità,
le illusioni che sanno
di jingle pubblicitari,
i sogni beceri nel
loro essere così
profondamente innocui.
Virzì è
l’ultimo a credere
in una commedia morale
ma non moralistica
(in cui inciampa invece,
per esempio, il Verdone
di “Grande,
grosso e…Verdone”),
intellettuale ma non
intellettualistica
(la battuta di Mastandrea
su Kaurismaki è
destinata a diventare
cult). “Tutta
la vita davanti”
non è tanto
(o solo) un ritratto
svuotante e rattristato
del mondo del precariato,
quanto un affresco
di malinconica e annichilente
lucidità su
cosa possa significare
l’iniziare a
essere nel mondo,
o meglio nell’Italia,
della |
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contemporaneità.
E Virzì
è
davvero
abile
nel
soffermarsi
sugli
scorci
di quotidiana
umiliazione
del
mondo
lavorativo,
sugli
sguardi
piagati
da un
senso
crescente
di paralisi,
sulle
piccole
tenerezze
che
si scavano
tra
i grigiori.
E coglie
bene
tutti
gli
anfratti
di quel
nocivo
modello
che
vuole
automi
“vincenti”
da premiare
con
scarti
di bigiotteria,
e “perdenti”
da schiacciare
tronfiamente
sempre
più
infondo.
Solo
a tratti |
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Virzì
si confonde
(la svolta
omicida è
nota fin troppo
stonata),
solo a tratti
pecca di pericoloso
(seppur pessimistico)
qualunquismo,
nella smania
di raccontare
come tutto
sia perduto,
come niente
si salvi.
Riuscendo
però
anche ad abbandonarsi
a efficaci
intuizioni
(il balletto
di apertura
e di chiusura,
quasi una
cornice onirico-beffarda)
e malinconiche
sospensioni,
come il fermarsi,
alla fine
del viaggio,
con chi non
si conosce
in un ritaglio
di giardino
metropolitano,
ad aspettare
la vita. Che
non si ha
(più)
davanti.
(recensione
di Mattia
Mariotti
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recensione del
film "tutta
la vita davanti"! |
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