TURISTAS
 

recensione turistas

 
Ricordate , tanto per iniziare con qualche citazione, “the Beach” di Danny Boyle con Leo Di Caprio e Virginie Ledoyen? Bene, ora unite le sue atmosfere paradisiache ed estive all’easy splatter del più recente “Hostel” di Eli Roth. Il prodotto di questa strana, e poco incoraggiante, unione si chiama “Turistas” il nuovo film di John Stockwell. L’intento principale, ancora una volta, è trasformare un contesto paradisiaco in un inferno e, per far ciò, queste benedette vacanze sembrano propio il pretesto giusto. Siamo in Brasile, dopo che l’autobus sul quale viaggiavano esce pericolosamente di strada, un gruppo di giovani turisti si trova costretto a rimanere in un posto sconosciuto in riva al mare. Guarda caso il luogo è una sorta di paradiso terrestre con tanto di bar, musica, brasiliane bellissime e, visto che la prossima  
 
corriera arriverà “solo” fra un paio di giorni, i nostri decidono di intrattenersi. Non sanno però che i locali hanno in mente per i nuovi arrivati, progetti ben più crudeli di una birra e una caipirinhas. Dopo averli derubati li consegnano al tenebroso Zamora (Miguel Lunardi), un folle sadico convinto che i turisti americani vadano nel suo paese solo per rapire i locali, rubare i loro organi ed usarli nelle operazioni di trapianto  
per i loro connazionali. L’uomo, comincia a sezionare i malcapitati, naturalmente ancora vivi, per asportare i loro organi e donarli ai bambini brasiliani: una sorta di delirio a metà fra la sindrome di Robin Hood e l’allegro chirurgo. Ironie a parte, il film manca completamente di ritmo e gli amanti del thriller ben poco apprezzeranno le intere sequenze in cui non accade praticamente nulla. E non aspettatevi uno splatter movie , la dose di gore è veramente minima. Tecnicamente ben realizzata, con il bel montaggio di Jeff McEvoy (“Wonderland”), la pellicola paga forse troppo la bellezza dei paesaggi. Siamo sulle magnifiche spiagge di Ubatuba e nelle vicine caverne di Lencois, in cui non sono mai stati girati film, ma si scade troppo nel depliant turistico. Insomma, non è propio facile immaginarsi situazioni raccapriccianti fra sole, palme e cocktail party. Sorvolando decisamente sui testi e sul pessimo doppiaggio, c’è spazio anche per un po’ di humour con qualche grassa battuta ma decisamente fuori luogo, visto il tipo di film. Stockwell, protagonista lui stesso di una disavventura in Perù dove un gruppo di ragazzini provò a sparargli, si conferma abile dietro la macchina da presa ma dopo i surfisti hawaiani di “Blue Crush” e i tuffatori di “Into the Blue”, i “Turistas” di Ubatuba erano proprio necessari?

(recensione di Massimiliano Micci )

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