TU, IO E DUPREE
 

tu io e dupree recensione

 
Un pensiero diabolico c’era passato per la testa: scrivere la recensione senza aver visto il film. Poi gli scrupoli d’ordine morale e deontologico c’hanno fatto desistere dal mettere in atto questo piano criminale e, gambe in spalle, siamo andati al cinema. Col risultato che sarebbe stato esattamente lo stesso, come volevasi dimostrare. Tu, io e Dupree, ma chi è Dupree? E soprattutto perché ha un cognome francese? Sono le uniche domande che ci si pone e sono destinate a rimanere senza risposta. Il canovaccio è vecchio come il mondo: amico scapestrato (Owen Wilson) si stabilisce a casa di due novelli sposi (Matt Dillon e Kate Hudson, tanto di cappello) mandando a rotoli la loro idea di matrimonio felice. Dupree è fatto così, del resto. Dupree dorme nudo sul divano; Dupree intasa il gabinetto; Dupree sta tutto il giorno  
 
sul divano a guardare la tele; Dupree dà fuoco alla casa; Dupree è indiscreto; Dupree è un eterno bambinone dal cuore d’oro; Dupree è sensibile e scrive poesie; Dupree ama Audrey Hepburn. Dupree, Dupree, Dupree. Così Dupree finisce per intenerire la moglie dell’amico che quasi ci casca mentre l’amico sprofonda tra lavoro, gelosia e contrasti col suocero dispotico (che è anche il suo datore di lavoro). C'è anche  
la morale, terribile come in tutti questi film con la morale: il lavoro non è tutto nella vita. Quel che offende non è tanto il cosa ma il come. La falsariga è quella di "Ti presento i miei" - che pesca a sua volta in tanta tradizione hollywoodiana - ma senza idee, senza comicità, senza equivoci, senza intelligenza. Owen Wilson fa il mattatore come può ma si fa sentire la mancanza del compare Ben Stiller (pur non disprezzando il buon Matt Dillon). Dirigono a 4 mani, ma sembrano più 4 piedi, i fratelli Russo. Sì, proprio così, i fratelli Russo, come i fratelli Wachowski e i fratelli Taviani, ma in comune hanno solo l’essere fratelli. Partecipa divertito (?) a questa commediola per famiglie Michael Douglas e ancor più divertito Lance Armstrong. Ah, dimenticavamo: se siete riusciti ad arrivare fino in fondo non uscite prima della fine dei titoli di coda.

(di Mirko Nottoli )

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