TRIPLICE INGANNO
 

recensione triplice inganno

 
Liquideremo - anche brutalmente - l'operazione di trasporre in immagini la celebre serie francese “Le Brigate del Tigre”, com’era soprannominato il ministro che volle tali corpi speciali di polizia per combattere il crimine e ispirata a eventi storici relamente accaduti, come la classica impresa cinematografica “locale” e inesportabile altrove. Pensare che possa coinvolgere le platee perché presente tra i protagonisti l'italico - ormai adottato dalla Grandeur - Stefano Accorsi che, nientemeno, fa la parte di un italiano, è un’ulteriore conferma dell’avventatezza distributiva. Il pathos che scaturisce dalla visione è in linea con quello che potremmo ottenere da una qualunque puntata del Commissario Cordier ma ambientata durante la Belle Epoque. La resa è pari a un qualsivoglia sceneggiato poliziesco, condita da sparatorie alla  
 
Arsenio Lupin (c’è anche qualche mossa kung fu, che diamine) e da leziosi costumi e scenografie genere “Gli Intoccabili” nella prateria. La trama è appesantita da intrighi russi, principesse russe, zar russi, banditi stile Robin Hood, anarchici, indipendentisti, monarchici, poliziotti, corpi speciali e ancora Stefano Accorsi che recita al minino sindacale (basti come esempio l'espressione che acconcia quando gli  
tocca la scena madre). La regia dei fratelli Cornuau è piatta, monotona e inesistente nonostante il notevole dispiego di mezzi cinematografici a disposizione che allontanano ancor più lo spettatore alienandolo da ogni possibile coinvolgimento. E' un noir alla francese, è un film francese dove al posto della cappa e della spada ci sono le pistole e le marsine e la noia regna. Sovrana.

(recensione di Daniela Losini )

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