TRIAGE
 
locandina Triage

recensione Triage

 
Primo film ad essere presentato alla 4° edizione della Festa del Cinema di Roma, "Triage" tocca un tema durissimo e ancora attuale, quale la guerra curdo-irachena di fine anni ottanta. Essa è trattata insieme alle sue connessioni con il mondo occidentale, causa prima e determinante degli squilibri geopolitici di tutto il Medio Oriente, ma è in realtà il punto di partenza per raccontare il dopo, il post trauma di chi l'ha conosciuta sul campo. Infatti se la presenza di Triage nella selezione ufficiale testimonia l'attenzione che il concorso romano ha da sempre riservato alle tematiche internazionali, è anche vero che nell'intenso ultimo lavoro di Danis Tanovic si parla più in profondità di guerra in senso lato, di quella guerra che prescinde dai contesti storici e sociali, che distrugge la vita di chi non sopravvive così come quella dei  
 
reduci. Mark è un fotoreporter, non certo un soldato, ma condividendo gli scenari più apocalittici del suo tempo assorbe drammi, dolori, perdite altrui, immagazzinandole nel subconscio senza, tuttavia, rielaborarle. Quando la morte lo spaventerà e si poterà via David, il suo miglior amico e collega, ormai prossimo alla paternità, le ombre del passato riemergeranno e porteranno il giovane reporter ad un impressio-   recensione Triage
nante dimagrimento fisico e all' annientamento emotivo. Un ottimo Colin Farrel, forse nella sua interpretazione più cruda e sofferta, tenta invano di nascondere ai suoi cari una verità troppo dolorosa, indossando una mascherà di virilità non adatta a proteggerlo, ancor meno a redimerlo; dovrà abbandonarsi all'aiuto del saggio medico "dell'animo umano", interpretato da Christopher Lee, in grado ancora una volta di dar vita ad una performance di grande potenza cinematografica grazie all'impatto della sua forza espressiva. Triage è un film sulle vocazioni professionali, vere o presunte; parla di passione ma anche di una vera e propria dipendenza da adrenalina, di quella trance da conflitto bellico che può portare degli indiscussi professionisti a superare il limite del buon senso e i confini delle ambizioni. Parla però soprattutto delle brutture dei conflitti e della scia di orrori che ne segue. La pellicola è tratta dall'omonimo romanzo del corrispondente estero Scott Anderson, che ne ha curato la sceneggiatura insieme al regista. In definitiva un bellissimo film, duro e cinico, ma allo stesso tempo capace di guardare alla vita che continua.

(di Lucio De Candia)


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