THOR - RECENSIONE
 
locandina Thor
Locandina "Thor"

Thor - recensione

 
Alla notizia che Kenneth Branagh avrebbe diretto Thor qualcuno si sarà sentito mancare. Si sarà ricordato probabilmente che cosa ha combinato Ang Lee con Hulk e più in generale di cosa possono essere capaci i presunti “autori impegnati” alle prese con un materiale da loro considerato troppo popular, a causa di quella loro smania di apparire “impegnati” a tutti i costi. Ma alla prova dei fatti Branagh fuga qualsiasi perplessità mostrando finalmente quell’umiltà di cui da sempre difetta. Perchè Thor è il film che deve essere, potente, complesso eppure equilibrato, dalle diverse anime fuse coerentemente insieme. Branagh, lo sappiamo, vede Shakespeare probabilmente anche in una puntata di Centovetrine e anche qui infatti non si smentisce: allestisce una vera e propria tragedia shakespeariana, mettendo però se  
 
stesso e il bardo al servizio del Re del Tuono e non viceversa, avendo ben in mente cosa deve stare al centro e cosa ai margini, cosa viene prima e cosa dopo: la rilevanza del personaggio, la sua essenza, il senso ultimo della sua storia. Che è shakespeariana per qualità intrinseche, non perché qualcuno gliel’ ha appiccicata sopra in modo indebito. Senza raggiungere gli abissi introspettivi del Batman di Nolan e   recensione Thor
mantenendosi a equa distanza anche dall'esuberanza ridanciana di Iron Man, Thor, figlio di Odino, esiliato sulla Terra e spogliato dei suoi poteri per aver disobbedito al padre, ci racconta di popoli in guerra perenne, di dei e giganti, di archetipe brame di potere che danno vita a gelosie fratricide e a sanguinarie successioni al trono. Ci narra di padri severi e figli rancorosi, di impulsività giovanile e saggezza arcaica che conosce quali sono i valori per cui combattere e sacrificarsi. Perché se è vero che da grandi poteri derivano grandi responsabilità, allora i grandi poteri bisogna meritarseli. Cita il Mito perché da lì parte il fumetto scritto da Jack Kirby e Stan Lee nel 1962 e non per voler trasformare il fumetto in Mito. Branagh è poi doppiamente bravo, da un lato a dominare un maelstrom di effetti visivi digitali che avrebbe potuto diventare soverchiante: stretto tra la ricostruzione del regno fantastico di Asgard, combattimenti tra titani, viaggi interstellari, esplosioni e sconquassamenti planetari, bastava poco a ritrovarsi per le mani un carrozzone indigeribile, rumoroso e sconnesso. Invece Thor mantiene in ogni circostanza un'eleganza formale mirabile che sa alternare alle scene d'azione più impetuose, silenzi, dialoghi e atmosfere. Dall' altro è bravo nella direzione degli interpreti, tutti convinti e convincenti nei rispettivi ruoli: Chris Hemsworth, vichingo australiano, versione più giovane e muscolosa di Brad Pitt, è Thor, arrogante e impacciato, indistruttibile e fragile nel giusto mix. Con lui Natalie Portman, Stellan Skarsgard (trattando di miti scandinavi), Renè Russo. Sembra rivitalizzarsi perfino Anthony Hopkins, nei panni di Odino, re degli dei e padre del nostro. Dopo i titoli di testa attesissima comparsata di Samuel L. Jackson che puntualmente arriva. La marcia di avvicinamento è stata lenta e inesorabile. Ricordiamolo: Thor era prefigurato già alla fine di Iron Man. Poi è stata la volta di Hulk. All'appello manca Capitan America, prossimo venturo e poi tutti insieme ne I Vendicatori. Come? Quando? Perchè? Si vedrà. Grande è la confusione sotto i cieli. La situazione è eccellente.


(recensione di Mirko Nottoli )


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