THE WHITE DIAMOND
 

The white diamond recensione

 
Dopo due anni arriva finalmente nelle (poche) sale italiane il suggestivo documentario “The white diamond”, firmato Werner Herzog. Il maestro bavarese questa volta segue l’ingegnere britannico Graham Dorrington in un avventuroso esperimento di volo con dirigibile sopra la foresta pluviale della Guyana. Storicamente i dirigibili, si sa, (anche il regista ce lo ricorda con la riproposizione di filmati d’epoca) sono stati protagonisti di tragedie rimaste a lungo nell’immaginario collettivo. Però dove a bordo dell’Hindenburg c’erano tracotanza e non poca sottovalutazione della problematicità del rapporto uomo/tecnologia/natura, qui il ricordo delle vittime degli incidenti (soprattutto quello di dieci anni fa’ che causò la morte di Dieter Plage a Sumatra) è vivo più che mai. Ecco perché il regista si sofferma a lungo sull’elemento mnesti-  
 
co, sul ricordo emotivo di Dorrington: il passato non può che influire sul presente e qualsiasi azione, anche la più indomita, deve fare i conti con la consapevolezza di ciò che è già stato. Chi conosce la padronanza dell’immagine di Herzog troverà fin troppo scontato sentirsi raccontare del fascino avvolgente, del cromatismo schietto, della sobrietà estetica di quest’ultimo film (in realtà è il terzultimo, prima di “Grizzly man” e del  
fantastico “The wild blue yonder”). Quello che stupisce veramente è la grande passione che un regista affermato e, vien da dire, idolatrato in tutto il mondo ha ancora per il suo lavoro, tanto da rischiare la propria vita per salire con la macchina da presa a bordo di un dirigibile sperimentale al suo primo volo sopra la giungla. “The white diamond” - il titolo è il nome dato al dirigibile da alcuni cercatori di diamanti locali - è un viaggio nel visibile e nell’invisibile, un percorso di ricerca conscio dei suoi limiti e che non giunge mai a violentare l’ignoto con una luce abbagliante: si limita a rivelarci scorci parziali, esaltando così il mistero del mondo e dando a tutti noi una lezione di rispetto e temperanza. Meno interessante invece l’approccio con la cultura indigena, intravista per esempio attraverso la figura del solitario Anthony Melville, guyanese esperto di erbe medicali che adora il suo gallo. Chi è sensibile al fascino della scoperta resterà ammaliato da questo documentario e non potrà non sperare un giorno di scrutare con i propri occhi dietro le cascate gialle del Kaieteur, lì dove regnano i rondoni.

P.S. Anche solo l’immagine delle cascate viste nel riflesso di una goccia d’acqua varrebbe per intero il costo del biglietto.



(di Marco Santello )

- Scrivi la tua recensione del film "The White diamond"!
 
 
  Scheda Recensione Locandina  
 

Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2005. Tutti i diritti sono riservati.